intervento in aula nel corso dell'ostruzionismo sul lodo Alfano,
ore 21 del 9 luglio 2008
Signor Presidente, anzitutto, in qualità di partecipante alla
manifestazione di ieri a Piazza Navona, vorrei esprimere anche a nome
degli altri partecipanti, che per questo stesso motivo hanno
abbandonato la piazza, la mia espressione di gratitudine e stima al
Capo dello Stato, al Presidente Napolitano, e la mia condanna di
qualsiasi offesa a lui, al Papa, al Ministro Carfagna e a chiunque
altro sia stato gravemente insultato dopo il mio abbandono della
piazza, come ho appreso dai giornali.
Rivendico, però, il diritto di esprimere, qui in Parlamento e
anche in piazza, tutta la mia contrarietà a provvedimenti che
hanno come unico scopo quello di garantire l'impunità al
Presidente del Consiglio, come hanno fatto ieri, a piazza Navona, Moni
Ovadia, Rita Borsellino e la stragrande maggioranza degli altri oratori
che questo stesso concetto hanno espresso in modo civile e sobrio.
Nel dibattito di ieri e oggi qualcuno ha richiamato i terribili anni di
Tangentopoli. Qualcuno è andato anche più indietro
ricordando Moro, Ruffilli e mio padre come martiri della democrazia.
Anch'io, anche la mia famiglia pensavamo a questi martiri quando le
banconote del Pio Albergo Trivulzio volavano giù dai balconi di
Milano, quando si parlava di «conto protezione» e dai
divani di ministri e sottosegretari emergevano a sorpresa banconote al
posto delle piume. Pensavamo a questi martiri e ci chiedevamo: era
questa la Repubblica per la quale poliziotti, carabinieri, magistrati,
giornalisti, sindacalisti, e anche i nostri erano morti?
Anche in quegli anni alcuni identificavano il problema coi magistrati,
e si domandavano sgomenti come uscire da Tangentopoli. Ma un politico
di primo piano, Mino Martinazzoli, che allora aveva una grande
responsabilità disse: «Da Tangentopoli si esce smettendo
di rubare», e ad alcuni di noi questo semplice concetto piacque
molto, parve molto convincente. Ma comprendiamo che ad altri - lo
abbiamo sentito più volte anche oggi - questo concetto non paia
altrettanto convincente.
Sembrava che l'Italia crollasse. La politica economica del CAF ci aveva
portato fuori dal serpente monetario europeo, quando nella penombra
televisiva di un lontanissimo capodanno ascoltavamo con la mia famiglia
un uomo allora già anziano che diceva: «L'Italia
risorgerà». Quell'uomo compie 90 anni a settembre di
quest'anno ma ha ancora il cuore di un ventenne, con il quale ha
guidato alla vittoria il comitato del referendum costituzionale del
2006 e anche il comitato Veltroni delle primarie. Con lo stesso cuore
ha sopportato due anni di insulti al Senato e sopporterà bene -
credo - anche gli insulti che ho sentito al suo riguardo nel dibattito
di questi giorni.
Insulti del resto risibili, perché chi ricorda Tangentopoli sa
bene chi fu in quegli anni a portare il Paese vicino alla rovina e chi
invece, candidato alla Presidenza della Repubblica, non dal suo partito
ma da Marco Pannella, proprio perché aveva le mani pulite e
l'animo libero e forte, aiutò il Paese a risorgere.
Grazie, Presidente Scalfaro, altri cento anni come questi. Se tutti
fossero come lei, oggi non ci troveremmo a discutere dei provvedimenti
di cui discutiamo, e ci occuperemmo, forse, dei veri problemi
dell'Italia.