A proposito di un articolo dell'Espresso in cui si parla anche di me
di Giovanni Bachelet


L'astensione mia e di altri (fra i quali Gianni Cuperlo, Arturo Parisi e Paola Concia) sulla richiesta di dimissioni di Cosentino, di cui parla il box  "Soccorso Rosso" dell'ultimo numero dell'Espresso, risale allo scorso gennaio. In quei giorni su Cosentino era uscita un'inchiesta giornalistica dell'Espresso ma non c'erano provvedimenti giudiziari. Per la mia astensione ci sono stati due motivi, come ebbi occasione di spiegare dieci mesi fa all'Unità (vedi qui) che me ne aveva chiesto subito conto.

 

Il primo motivo riguardava il metodo. Su cose di questa importanza il gruppo parlamentare PD deve a mio avviso essere riunito e discutere. Invece quella mozione su Cosentino fu sparata dal capogruppo senza alcun preavviso al gruppo parlamentare. Avendo lasciato la mia cattedra universitaria poco piú di un anno fa per fare il deputato, ed essendo adulto e vaccinato, non tollero, a 54 anni, di apprendere iniziative di un simile rilievo morale e politico senza averne mai discusso; né che in queste condizioni io sia tenuto a votare regolandomi sul pollice in su o in giú del mio segretario d'aula tre secondi prima dell'apertura del voto elettronico. Per questo stesso motivo (mancanza di qualsiasi istruttoria nel gruppo) mi sono astenuto, in dissenso dal mio gruppo, sul trattato con la Libia e sull'energia nucleare.

 

Il secondo motivo riguardava il merito. Un mese prima della mozione su Cosentino il capogruppo PD aveva preteso che votassimo a scatola chiusa contro l'autorizzazione all'arresto di un deputato PD chiesta da un magistrato: senza consultare il gruppo e anzi chiedendo a sorpresa, in aula, un'inversione dell'ordine di votazione che rendeva materialmente impossibile una consultazione del gruppo PD da me e qualcun altro auspicata. In quel caso non ho proprio partecipato alla votazione: non perché quel deputato meritasse l'arresto (poco dopo il tribunale del riesame lo annullò), ma perché non accettavo che il PD imponesse un voto di difesa della casta senza alcuna discussione approfondimento o almeno informazione del gruppo parlamentare. Dopo un mese poteva, lo stesso PD che aveva difeso senza se e senza ma un proprio deputato su cui pendeva una richiesta di arresto, chiedere le dimissioni di un sottosegretario avversario sul cui capo pendeva, all'epoca, soltanto un'inchiesta giornalistica? Secondo me, no.

 

Il controllo critico e implacabile della stampa e degli elettori ai comportamenti individuali e di gruppo è un aiuto del quale il PD non può fare a meno: sulla questione morale e anche, mi auguro, su altre questioni di primaria importanza. Abbiamo un nuovo segretario e fra poco anche un nuovo capogruppo alla Camera e un nuovo gruppo dirigente: un monitoraggio dell'efficacia e della coerenza del PD, dei gruppi parlamentari e dei loro singoli componenti, rappresenta un servizio impagabile anche per il futuro.