Presidente
onorario
Saluto di apertura
venerdì 22
aprile
Ringrazio Paola Bignardi e
la Presidenza per avermi proposto per questo ruolo importantissimo. So
bene che
il motivo è che non c’è mio padre. E’ stato detto che la mia presidenza
onoraria
di quest’Assemblea Nazionale è un elemento di continuità. Se ci fosse
mio
padre! la vera continuità sarebbe lui. Io so di essere parecchio
peggio: per
esempio io fumo e lui non fumava; io, a casa mia, mi arrabbio con i
figli, lui
no… e nel paragone sono largamente inferiore anche da altri punti di
vista, che
per fortuna, dato che la riconciliazione è ancora un sacramento
vincolato dal
segreto, non vi posso illustrare… Però io vi ringrazio tanto; sono
commosso di
questo invito.
Ho provato ad
immaginare le cose che avrebbe potuto dire mio
padre in una simile assemblea così importante e con eventi e
anniversari
multipli importantissimi, alcuni previsti ed altri del tutto
imprevisti, come
la morte del Papa Giovanni Paolo e l’elezione del Papa Benedetto. Ho
provato a
immaginarmele, ma le ha appena dette Paola, quindi mi è rimasto poco da
dire.
Che cosa avrebbe detto? Beh, fedeltà al Concilio e al Papa, che sono
due cose
unite e non contrapposte. Certo si sarebbe rallegrato come Paola di
questo
richiamo al Concilio nella prima Omelia, che tutti hanno notato, e
direbbe –
come disse in un’Assemblea dell’Azione Cattolica – che noi ubbidiamo al
Papa
non perché si chiama Giovanni o Paolo, ma perché si chiama Pietro; e
questo
rimane tanto più vero in questi momenti così commoventi, così
struggenti per
chi salutiamo, così pieni di trepidazione per chi accogliamo come nuovo
padre,
nuovo pastore.
E come mio padre disse
proprio in un’Assemblea dell’Azione Cattolica a Paolo VI, vogliamo
obbedire in
piedi, e in piedi aiutarlo a portare la pesante croce che gli compete.
Lo disse
a Paolo VI citando don Primo Mazzolari, ed era una citazione un po’
pesante,
perché il povero Paolo VI era quello che da Vescovo si era trovato a
dover, in
alcuni momenti, dare una calmata a don Mazzolari. E però quando
Mazzolari morì,
molti anni dopo –credo che l’anniversario fosse proprio pochi giorni
fa, il 12
aprile – ricordandolo, Paolo VI disse: “a torto ci hanno detto che lo
abbiamo
ostacolato, ma noi soffrivamo, e anche lui soffriva, e questo è il
destino dei
profeti”. Ecco: obbedire in piedi è più prezioso e più difficile che
non altre
forme, magari piú appariscenti, di devozione.
Anche l’altra
cosa l’ha già detta Paola: fedeltà alla
Costituzione. Forse fra i tanti anniversari ci possiamo anche mettere
l’ultimo
giorno di di quest’Assemblea, che è il 25 aprile: sono sessant’anni
dalla
Liberazione, e forse nell’elenco dei santi – questo è soltanto avviato,
non so
a che stadio sia la sua beatificazione– ricorderebbe Teresio Olivelli,
che era
un dirigente di Azione Cattolica, era alpino ed era un capo partigiano,
l’autore della Preghiera del Partigiano, che finiva con le parole:
“Signore,
facci liberi”. Forse, se fosse vivo, di questi sessant’anni di
democrazia mio
padre ricorderebbe anche altri che nel frattempo sono morti per la
Repubblica e
per la Costituzione: Aldo Moro, Roberto Ruffilli, don Pino Puglisi,
Rosario
Livatino, il giudice ragazzino, ve lo ricordate? O Marco Biagi, ultimo
di una
lunga serie di cristiani e in molti casi soci dell’Azione Cattolica:
cristiani
i quali pur essendo, come ci ricordano amici e avversari, minoranza,
però in
questo tributo per la difesa della democrazia sono stati, se non
stragrande
maggioranza, certo superiori alla metà dei defunti, anche se il
conteggio non è
simpatico.
Un ultimo
pensierino che mi viene in mente, visto che il
relativismo sembra uno dei punti importanti sia dell’insegnamento del
vecchio
Papa sia di quello nuovo, è un ricordo di trent’anni fa. Non so se lo
sapete:
il 2005 è anche l’anno della relatività, nonché della fisica, perché
sono cento
anni che Einstein ha pubblicato il suo lavoro sulla relatività
speciale, nel
1905. Quando, nel 1975, studiai la relatività, tentai di raccontarla a
mio
padre: papà ne sapeva tante, ma almeno di fisica qualcosa potevo
insegnargliela
io. Dopo aver più o meno spiegato di che cosa si trattava, cioè che
spazio e
tempo non sono più assoluti, dissi: qual è la cosa interessante della
relatività? È che nel mutare dei possibili punti di vista si scopre
quello che
rimane assoluto, si scoprono le poche cose che non cambiano, che sono
le stesse
in tutti i sistemi di riferimento. Questa è la relatività. E mio padre
disse:
“allora è un po’ l’antidoto al relativismo, così come la laicità è
l’antidoto
al laicismo”.
Concluderei
quindi il mio saluto dicendo che l’Azione
Cattolica sempre – ma in particolare in questi bellissimi sei anni di
Paola –
ha fatto un po’ questo: ci ha fatto notare che di cose davvero assolute
non ce
ne sono tante. Non la nostra Associazione, la quale non deve essere una
bandiera da contrapporsi ad altre ma un punto di incontro per tutti;
non la
nostra storia; non i nostri santi; nemmeno i nostri canti; nemmeno la
lingua in
cui preghiamo; c’è un solo assoluto, che è Gesù. Uno dei motti di
questi anni
di Azione Cattolica sotto la presidenza di Paola è stato proprio: con
lo
sguardo fisso su Gesù.
Ecco, perciò,
quel che auguro all’Assemblea. Che, a
conclusione di questi anni di Paola, lo sguardo fisso su Gesú ci guidi
anche
per il futuro. Che ci aiuti a relativizzare molte cose, ma per meglio
guardare
alle poche che sono assolute: una sana relatività, vero antidoto alla
nebbia in
cui tutte le vacche sono nere, ma anche antidoto potente all’adorazione
di
tutto ciò che non è degno di essere adorato.
Buon lavoro!