Grandezza nascosta nei cuori
Famiglia Cristiana n.2 del 14-1-2001

Agitavo un ramo d'ulivo nel sole di piazza San Pietro insieme a tanti giovani di allora. Di notte studiavo le equazioni di Maxwell. Il pastore Bertalot e don Ablondi presentavano a Paolo VI la prima parte del Nuovo Testamento interconfessionale. Fra oscilloscopi e discussioni sul Patto associativo dell'Agesci (guide e scout cattolici, appena unificati), una notte la passai anche in guardina, per aver volantinato a San Pietro, mentre il generale Videla partecipava al Giubileo, un invito alla preghiera per le vittime delle dittature.

Nell'Anno santo di 25 anni fa, all'indomani del Concilio, immaginavo molte cose sul futuro della mia Chiesa (ma anche della mia famiglia, del mio Paese e del mondo), che non si sono avverate; e non ne immaginavo altre che, invece, sono accadute. Ho spesso ripensato a una frase di mio padre, ormai vecchia di quasi trent'anni: la Chiesa di domani sarà più nuova di quanto possano sperare i progressisti, e più simile a sé stessa di quanto possano augurarsi i tradizionalisti, perché in essa risplenderà il volto antico e sempre nuovo di Gesù. Anche ai suoi tempi si riusciva a essere scontenti, preoccupati e miopi; anche oggi si possono prendere abbagli, leggendo quest'Anno santo che si chiude, per lodarlo o criticarlo, in cifre capaci di coglierne solo l'aspetto (innegabile) di kolossal organizzativo e multimediale.

La sua vera grandezza non potrà, invece, essere rappresentata in un diagramma: è nascosta nel cuore di quanti, venendo dal Papa con la pioggia o col sole, ma anche unendosi a lui da un letto di ospedale o un'isola del Pacifico, hanno raccolto l'appello di Gesù alla conversione e alla riconciliazione. Di quanti hanno avuto l'umiltà di partecipare al rinnovamento della Chiesa non rinnovando gli altri, ma sé stessi.

Giovanni Bachelet