Intervento di Giovanni Bachelet il 18/3/2002 al Palazzo Esposizioni di Roma

Anzitutto mille grazie a Maria Giordano che per la seconda volta in poche settimane ha organizzato un'occasione d'incontro. Un'incontro straordinario: sono ben cosciente che, in tempi ordinari, non è possibile né democraticamente sensato che tutti gl'Italiani pretendano di fare quel che noi facciamo oggi, cioè parlare direttamente, per un'intera serata, con due responsabili di primo piano della politica nazionale. In tempi ordinari occorre lavorare sodo, a lungo sgobbare e incontrarsi in gruppi piú piccoli, con capi meno famosi e meno presenti sui media ma sempre presenti sul territorio, e a partire da questi gruppi, con faticoso stile democratico di discussione elaborazione e collaborazione, raggiungere gradualmente la dimensione cittadina, provinciale, regionale, nazionale. In altre parole mi è chiaro che la presenza di due grandi capi dell'Ulivo qui non è un fatto dovuto, e implica per esempio che oggi non sono a Como, a Forlí, a Catania, e in chissà quanti altri posti dove altri cittadini come noi vorrebbero incontrarli. Vorrei quindi ringraziare anche loro per aver deciso di impiegare il loro tempo proprio con noi in questo straordinario tempo di risveglio.

In questo tempo straordinario le occasioni d'incontro e di ascolto reciproco fra elettori ed eletti dell'opposizione sono preziose per ricostruire un rapporto essenziale. Essenziale per resistere oggi e tornare a vincere domani. Indignarsi, protestare e manifestare serenamente - magari anche allegramente, in forme nuove - il nostro no al governo di oggi, non significa affatto, come qualcuno pensa, precluderci la strada ad una serrata e costruttiva proposta programmatica. Valdo Spini ha recentemente osservato, in un'intervista alla radio, che nei paesi normali il radicale attaccamento alla libertà d'informazione, all'indipendenza della magistratura, allo stato di diritto, è un connotato tipico di tutti moderati, non degli estremisti rivoluzionari, per il quali lo stato si abbatte e non si cambia. Presentare il desiderio di pulizia e normalità come un fatto rivoluzionario e magari contrapporlo alla necessaria attività di monitoraggio, controproposta parlamentare e costruzione di un programma alternativo è una truffa mediatica della quale molti di noi sono stufi, alla quale chi ha la fortuna di avere fra le mani un microfono farebbe meglio a non partecipare. Ma nonostante le note stonate molti di noi sanno da che parte stare; la mia casa, per esempio, è l'Ulivo, e credo di averlo abbondantemente dimostrato.

Una delle cose che mi ha fatto sentire subito familiare lo spirito dei girotondi è stato l'incontro con organizzatori che, diversamente da altre esperienze di cosiddetta società civile, non erano in cerca di missili per arrivare gratis in parlamento, né di posti in prima fila sui palchi. In un incontro precedente alla manifestazione di San Giovanni avevamo proposto che parlasse Flores, che ahimé non è stato poi invitato a parlare; ma nel caso di Marina Astrologo, che era presente, è stata proprio lei a dire: no grazie. L'ha detto poco fa anche Daria Colombo. (i) Continuare ciascuno a combattere dalla nostra posizione, come dice il manifestino dell'incontro di oggi. (ii) Fare le manifestazioni di sabato e domenica perché lavoriamo e non vogliamo fare la selezione inversa…(A proposito, quella di oggi dovrebbe essere un'eccezione: io non posso permettermi, ad esempio, di partecipare ad altre, pur interessanti, di questa settimana. Se si esce dal sabato e dalla domenica si selezionano quelli che hanno poco da fare, e non va bene!) (iii) Essere qui e non andare a contarci altrove per poi presentare il conto a Fassino e Rutelli. Sono tre fatti davvero nuovi, dovuti alle nuove donne della politica e dei girotondi, che voglio ringraziare con tanto affetto per avermi costretto a riprendere a sperare e combattere.

Sappiamo però anche che gli strumenti ordinari di partecipazione popolare alla politica, i partiti che per decenni sono stati un efficace veicolo, un efficace imbuto fra elettori e istituzioni rappresentative, sono da tempo, anche a causa di un sistema elettorale mutato al quale molti non si vogliono ancora rassegnare, un imbuto otturato, a volte un tappo e basta. Come sturarlo? Come coinvolgere, senza colonizzarle, le tante espressioni della cittadinanza attiva? Un progetto c'era, e ci avevamo sperato. Quando quel progetto è stato accantonato, molti di noi hanno lasciato la politica: senza di voi non potevamo realizzarlo, e contro di voi non volevamo farlo.

Molte cose, infatti, - la federazione dei partiti nella quale anche i singoli cittadini possono iscriversi, di cui Fassino ha parlato a San Giovanni, i comitati di collegio dell'Ulivo (punti d'incontro simili a quello di oggi diffusi su tutto il territorio), le elezioni primarie di tutti gli elettori della coalizione - sono altrettanti capisaldi di un cammino iniziato e poi interrotto sette anni fa. Interrotto dai partiti di allora, non da voi; però interrotto. E' un cammino molto piú faticoso dei tavoli delle segreterie che rispondono a pochi intimi. Piú gente si coinvolge, piú si deve lavorare. Un cammino irto di pericoli e, come avete notato, anche di pernacchie. Ma porta lontano. Volete riprenderlo?