La coscienza di una svolta epocale

di Giovanni Bachelet, su "Fede, libertà, intelligenza" (atti del Forum dell'ottobre 1997), pag.59-62
CEI, Servizio nazionale per il progetto culturale (Piemme 1998)

E' stato molto incoraggiante cogliere nella relazione introduttiva una vena di ottimismo: incoraggia l'idea che il tempo presente, oltre a problemi e guai, sia anche ricco di opportunità, e non vada né maledetto né abbracciato acriticamente, ma amato e studiato, come scriveva Paolo VI nel suo indimenticabile testamento spirituale.

E prima di lui Papa Giovanni esortava tutti a non dar retta ai profeti di sventura; una volta aveva addirittura detto: "Preferisco essere nato in quest'epoca storica che non nei tempi passati. Al tempo che era preferisco il tempo che è."

Avevo 7 anni quando, 35 anni fa, quel Papa mi mandò una carezza attraverso la mano del mio papà. Penso spesso con gratitudine ed emozione a tutti i doni che lo Spirito Santo, a partire da quella sera di ottobre sotto la luna, ha fatto alla nostra Chiesa, alle nostre famiglie, al mondo, fino a Madre Teresa, fino al nostro incontro di oggi.

Pensavo a questo anche una domenica di qualche anno fa. Ero in Grecia ad un congresso internazionale di Fisica e, non potendo ascoltare la Messa (la piú vicina chiesa cattolica era a 200 km), ero andato in una chiesa ortodossa. Primo pensiero: che fortuna aver superato il gusto amaro della contrapposizione (cattolico come non protestante, non ortodosso) e aver restituito al nome cattolico - al quale siamo oggi come ieri affezionati - questo senso originale, legato ad una missione di dolcezza e universalità, ad una tensione verso l'unità di tutti cristiani, ad un insostituibile servizio verso tutto il mondo.

Gente per lo piú anziana entrava e usciva da quella chiesa greca, accendeva candele e pregava fra sé e sé davanti a cento immagini sacre, mentre il prete celebrava a bassa voce vicino all'altare: mi sembrava d'essere tornato bambino nel paesino di mia nonna, subito prima del Concilio. Ed ecco il secondo pensiero. Quanta fede anche in quel rito, in quel modo di pregare antico. E però quanto coraggio nei Papi, nei Padri Conciliari, nei Vescovi e nei Preti: quanto coraggio nell'ascoltare la voce dello Spirito Santo e saper rinunciare a tante care tradizioni umane - a cominciare dal latino e dalla vecchia liturgia - per salvare la Tradizione in un momento di svolta epocale.

Gli anni 60 e 70 della Chiesa, e della Chiesa Italiana: una parentesi da dimenticare che ci ha regalato subalternità e perdita di identità, come qualcuno ha detto oggi? O, soprattutto, roba vecchia, cose e discorsi di altri tempi? Quando assisto all'ingenuo tentativo di liquidare in questi termini quel tempo di grazia e di speranza, mi confermo semmai nell'impressione che il cammino sia ancora lungo, e che il coraggio sia stato veramente grande. La transizione epocale del mondo, allora profeticamente intuita, è tutt'altro che conclusa, il vento del Concilio continua a sospingere la barca di Pietro, come ha detto il Papa al trentesimo anniversario della Gaudium et Spes; e se ancor oggi il mugugno e la tentazione di resistere a questo soffio sono tangibili, figuriamoci trent'anni fa.

Coraggio, fede, discernimento per salvare ciò che andava salvato e rinunciare a ciò che non era essenziale: un po' come, in questi giorni di terremoto, è capitato alle Clarisse di Assisi, che hanno abbandonato il loro amatissimo convento prima che crollasse, e sono andate a vivere in una tenda, nell'orto del convento, portando con sé solo il Santissimo e la Bibbia.

Facendo come loro, puntando all'essenziale - la Parola e l'Eucarestia - e imboccando la strada estenuante del dialogo (a volte rischiosa, come ricordava D'Agostino), la Chiesa, ubbidendo allo Spirito, ha risposto alla sfida dei tempi nuovi con efficacia: nel nostro Paese essa è ancora punto di riferimento e d'incontro di uomini e donne di tutte le età e di tutte le condizioni, e in particolare di ragazzi e ragazze: i grandi e visibili incontri col Papa - come il recente concerto a Bologna o il grande raduno dell'ACR a Roma - riflettono la meno appariscente vitalità di migliaia di parrocchie, associazioni e movimenti. Chi per lavoro viaggia all'estero e ha dovuto fare l'emigrante può testimoniare che non in tutte le Chiese e non in tutti i Paesi le cose sono andate cosí: chi non si è rinnovato, e anche chi ha provato a rinnovarsi contro i Pastori e non insieme ad essi, si dedica ormai prevalentemente agli anziani e ai defunti.

In questo processo il rinnovamento l'Azione Cattolica, che pure non figura nella carrellata storica del volume "Cattolici in Italia fra fede e cultura, materiali per il Progetto Culturale", ha avuto un ruolo di punta; non è un caso che alla guida di Avvenire e dell'Osservatore Romano, ma anche alla Presidenza della Repubblica, alla Presidenza del Senato, alla Presidenza del Consiglio e in ruoli chiave del Governo si trovino oggi, dopo e nonostante il terremoto politico e morale degli anni 90, uomini e donne che a vario titolo e in varie epoche hanno partecipato a questa grande impresa associativa. Visto che non l'hanno fatto altri mi permetterei forse di citare io stesso mio padre: "quando l'aratro della storia rivolta a fondo le zolle del mondo, è tempo di semina". Questa acuta coscienza dei tempi gli faceva anche dire che in un momento di grandi rivolgimenti e di incerto futuro c'era bisogno piú di San Benedetto che di San Tommaso, piú di solide basi popolari della preghiera e del lavoro di tutti i giorni che di grandi costruzioni filosofico-giuridiche. I risultati scientifici del professor Garelli, anche qui richiamati, sembrano suggerire che questa nuova saldatura fra fede e vita debba essere ancor oggi la prima priorità e il significato piú profondo e ampio di un progetto culturale cristiano.

Ma mio padre ricordava che i monaci benedettini avevano salvato la civiltà anche trascrivendo i codici e i libri, anche svolgendo da cristiani un servizio culturale vitale per tutto il mondo. La coscienza stessa della svolta epocale, dal testamento di Paolo VI fino a tutti i protagonisti del Concilio in Italia e nel mondo, ha anzi avuto nello studio e nella cultura un insostituibile punto di forza e di incontro con tutti gli uomini. In una vigilia di millennio nella quale, come ricordava il professor Boffi, maghi e astrologi rischiano di subentrare al crollo di ideologie e certezze , risulta quindi molto opportuno il rinnovato invito della CEI ad impegnarsi: un servizio fatto da cristiani ma utile a tutti, una specie di Caritas della cultura. Da questo punto di vista risulta azzeccato il tema proposto al mio gruppo di discipline, legato alle cosiddette scienze esatte. Diversamente da formule un po' stucchevoli come "scienza e fede" - quelle domande che nessuno si pone, cui alludeva poco fa il professor Forte - il "realismo del sapere scientifico" è certamente una sfida e un'esca ghiotta- è il caso di dirlo fra pescatori di uomini - per credenti e non credenti.

[Giovanni Bachelet]