Una speranza per l'Italia

di Giovanni B. Bachelet, in l'Unità, 22 aprile 1995 (articolo di fondo, vigilia delle elezioni regionali)

E' tempo di incertezza e di sofferenza per molti elettori di centro. Le nuove regole del voto, le tristi vicende giudiziarie e il rapido e spesso inglorioso declino di partiti, formule e modi di pensare a lungo familiari hanno prodotto un grande disorientamento. E' apparso a molti sorprendente che abbiano tratto vantaggio da una simile situazione non gli eredi di Togliatti, Longo e Berlinguer, all'opposizione da circa 70 anni, ma invece una destra anomala, fautrice al tempo stesso del liberismo selvaggio e dello statalismo assistenzialista, capace di mettere insieme, sia pure in modo effimero, il peggio del vecchio e del nuovo.

Certo, alcune enormità legislative in campo televisivo, volute proprio dai boss del passato, hanno giocato un ruolo importante. Anche l'incapacità di adattarsi alle nuove regole e prevedere una simile valanga, mantenendo un'incomprensibile frammentazione delle forze che si opponevano alle destre, ha pesato. Ma è davvero tutto qui? Occorre ammettere che, nonostante il crollo del muro di Berlino, e soprattutto nonostante il sostegno leale dell'opposizione di sinistra alla democrazia italiana, specie nei momenti di crisi più grave, gli Italiani non ne abbiano voluto proprio sapere di un governo del quale il nuovo PDS appariva centro di gravita'.

I protagonisti dello schieramento che si oppone alla destra hanno da tempo cominciato l'analisi, e i primi frutti sono le candidature democratiche della tornata elettorale di domani, che ci fanno ricominciare a sperare. L'irrompere contemporaneo della candidatura Prodi in vista delle prossime politiche, ed il pronto e convinto sostegno del PDS e di gran parte della pubblica opinione di centro e di sinistra ha poi rappresentato un vero boom di speranza, specie nei settori di centro che erano più disorientati. Cercando di immedesimarmi in un elettore o un militante pidiessino credo proprio che sarei tentato di chiedere a questo punto: ma che altro volete da noi?

Sono però un elettore orfano del centro, deciso a partecipare con entusiasmo al rinnovamento del nostro paese con tutti i democratici, e vorrei provare a spiegare con umiltà che anche alcuni di noi hanno dato un contributo alla democrazia italiana, con lealtà verso le istituzioni; che siamo oggi fortemente svantaggiati, perché tutte le nostre sigle hanno perso gran parte del loro peso e del loro significato; che anche noi ci prepariamo a sacrificare cose a cui teniamo moltissimo, sulle quali non è il caso di scherzare, perché tutti siamo essenziali per vincere la battaglia politica contro la destra. In democrazia non basta aver ragione, ma occorre anche farsela dare: occorre dunque trovare un programma complessivamente consono ai nostri valori, che ci possa unire con più della metà degli italiani; e rinunciare, invece, a quello che ci divide. Non per superficialità o relativismo etico o politico, ma per la serena coscienza che, se vince la destra, non avranno alcuna possibilità di successo né le tante speranze di giustizia e libertà che accomunano il centro alla sinistra, né le importantissime tematiche civili o etiche che non trovano oggi sufficiente consenso né a sinistra né a destra. La coscienza che, se nel Paese il consenso ad una specifica battaglia non supera il cinquanta per cento (o è molto inferiore), ogni braccio di ferro diventa un autogol. La riflessione è utile non solo per i cattolici, ma, mi pare, anche per i Verdi, per i più arrabbiati laicisti, per i nostalgici del comunismo.

Ed è una riflessione utile anche per il PDS. Nonostante tutto, resta ancora il ricordo di marce indietro e riflessi condizionati che rischiano periodicamente di vanificare la portata del cammino fatto. Certo l'opposizione frontale al decreto sui punti di contingenza o, anni dopo, il frettoloso cedimento all'effimera spinta della Pantera sono lontani; ma una certa riluttanza a considerare la meritocrazia un fatto positivo e non una parolaccia, per chi convive con la condizione quasi sovietica del pubblico impiego in Italia, sembra ancora palpabile nella base del PDS; e nonostante il grande significato democratico della manifestazione sindacale per le pensioni, l'impressione che sia ancora facile virare di bordo e ricominciare a difendere tutto e tutti anziché puntare ad una solidarietà sostenibile e sensata, c'è stata in molti.

Sono queste, o simili a queste, le cose che possono ancora spaventare gli orfani del centro. Ma c'è pure uno stile nuovo che incoraggia a ben sperare: uno spirito sempre più libero, che considera laicamente gli avversari come persone per bene, che però non la pensano come noi; l'abitudine ad esprimere solidarietà e rispetto verso i magistrati come Borrelli, Di Pietro e D'Ambrosio perche' fanno il loro dovere e rischiano la vita, e non soltanto finche' non danneggiano la propria parte politica; il coraggio di dire a chiare lettere che nessuno più crede nel comunismo, come suggeriva su questo giornale Sylos Labini; l'apertura verso elezioni primarie - le regionali dimostrano che anche le leggi elettorali si fanno in poco tempo purche' si voglia - anche se gli apparati perderanno potere a vantaggio dei cittadini. Voci isolate o piccoli segni, a volte. Ma tutti i sacrifici saranno premiati. Già da domani sarà più vicina l'Italia che vogliamo.

[Giovanni Bachelet]