Vi racconto l'Azione Cattolica

di Giovanni Bachelet, in l'Unità, 5 settembre 1998 (prima pagina, in occasione di un raduno ACI dal Papa)

Venticinque anni fa, proprio in questi giorni di settembre, si teneva l'assemblea nazionale dell'Azione Cattolica Italiana in cui mio padre Vittorio, dopo tre mandati triennali, lasciava (a 47 anni) la Presidenza. A distanza di tempo continuo a scoprire amici che in quelle settimane avevano parlato con lui dei motivi di questo abbandono cercando di dissuaderlo, e ne avevano tratto, come me, una lezione indimenticabile, capace di orientare, molto piú tardi, scelte di vita importanti. Lezione di modestia e di vera fede nella Divina Provvidenza - siamo tutti utili ma nessuno è, né deve diventare, indispensabile o insostituibile; di fiducia sincera e non strumentale nella democrazia come metodo di autogoverno e avvicendamento; di avvertenza acuta dei gravi pericoli insiti nella personalizzazione e nella professionalizzazione delle cariche associative, perfino nei piú santi movimenti religiosi. Lasciare era insomma obbligatorio: lo imponeva la coerenza con alcuni valori cardine del rinnovamento che l'Azione Cattolica Italiana, su mandato di due Papi, aveva coraggiosamente realizzato.

Il nuovo cammino dell'Azione Cattolica Italiana fu fortemente voluto prima da Giovanni XXIII e poi da Paolo VI. Mio padre (prima come vice e poi come presidente) e Monsignor Franco Costa (come assistente) ebbero da loro l'incarico di promuovere un rapido ritorno dell'Azione Cattolica al compito proprio: educare (o rieducare) gli Italiani alla fede, al Vangelo, alla preghiera comune, al servizio degli altri nella carità. Da loro vennero l'incoraggiamento continuo e la certezza che solo da un'abbondante semina della Parola di Dio potesse nascere una nuova generazione di adulti cristiani capaci di contribuire responsabilmente al futuro della Chiesa e del Paese, e che questa strada andasse imboccata anche a costo di un doloroso dimagrimento numerico, politico e finanziario. Si trattava in sostanza di guardare non solo al domani, ma ai cinquant'anni successivi, partecipando con convinzione ed entusiasmo al rinnovamento del Concilio; si trattava di rinunciare a un po' di potere mondano e a qualche prima pagina dei notiziari per lavorare piú in profondità e scrivere, con l'aiuto di Dio, una pagina decisiva e duratura del "giornale dell'anima" del proprio Paese.

Molti, all'esterno e all'interno del cattolicesimo organizzato, hanno colto allora (e ancora oggi apprezzano o discutono) quella parte di rinnovamento dell'ACI che ha avuto ricadute politiche immediate e visibili: tendono cioè a identificare la "scelta religiosa" - nome che fra parentesi non credo sia stato inventato da mio padre - con una sua conseguenza, pur importante, e cioè la fine del collateralismo fra Azione Cattolica e DC. C'è chi - penso all'intervento di don Baget-Bozzo al Forum Culturale della CEI dell'anno scorso - ha sempre considerato gli anni 60 e 70 della Chiesa come una parentesi da dimenticare, e ad essi attribuisce perfino una presunta subalternità e perdita d'identità dei cattolici di oggi (a quanto pare invece sotto Cirino Pomicino e Prandini eravamo egemoni e ben rappresentati). C'è anche chi, simmetricamente, pensa che il pregio maggiore della "scelta religiosa" sia stato quello di permettere ai cattolici di votare a sinistra. E infine c'è chi non ha colto neppure questo aspetto, e, dovendo riepilogare la storia dei cattolici italiani fra fede e cultura, ha ritenuto piú degno di menzione l'onorevole Rumor che il rinnovamento dell'Azione Cattolica Italiana.

Il senso complessivo della "scelta religiosa" a me pare assai piú profondo ed ampio. Esso consistette nell'intuire, sotto il Magistero dei Papi e del Concilio, l'incombere di una grande transizione epocale, e nel rendersi conto, per citare mio padre, che "quando l'aratro della storia rivolta le zolle del mondo è tempo di semina". In questo senso la scelta religiosa è stata una risposta positiva ed efficace alla sfida dei tempi nuovi: non solo perché nel nostro Paese l'Azione Cattolica è ancora oggi punto di riferimento e d'incontro per uomini e donne di tutte le età e di tutte le condizioni, e in particolare di tanti ragazzi e ragazze nelle migliaia di parrocchie italiane, ma soprattutto perché ha saputo e sa seminare con larghezza, in un Paese in rapida trasformazione, l'antica e sempre nuova parola di Gesú. La transizione epocale dell'Italia e del mondo, allora profeticamente intuita, è tutt'altro che conclusa, e il vento del Concilio continua a sospingere la barca di Pietro, come ha detto il Papa qualche tempo fa, al trentesimo anniversario della Gaudium et Spes; ancor oggi il mugugno e la tentazione di resistere a questo soffio sono tangibili; ancora domani, e per molti anni ancora, anche grazie all'ACI di ieri e di oggi, il Vangelo continuerà a germogliare, fiorire e dare frutti abbondanti.

[Giovanni Bachelet]