Il successo dei referendum non autorizza qualsiasi scorciatoia

di Giovanni Bachelet, in Avvenire, 14 novembre 1992 (articolo di fondo)

Nelle ultime settimane molti Italiani si stanno interrogando, credo senza pregiudizi, su pregi e difetti delle diverse ipotesi di riforma della legge elettorale. è alto infatti il numero degli elettori liberi da pregiudizi, da diretti o indiretti interessi personali o di partito; è alto il numero di quanti vivono onestamente del loro lavoro e non sono ostaggi degli apparati, del clientelismo, della paura di un futuro sempre meno partitocratico. Se questo numero non fosse alto, allora la massiccia, inequivocabile risposta popolare ai referendum dell'anno scorso non ci sarebbe stata. Essa ha testimoniato quanto acutamente gli elettori italiani avvertano ormai l'urgenza di una nuova legge elettorale, quanto liberamente si muovano rispetto alle indicazioni di partiti ed apparati, e forse anche quanta voglia abbiano di dare un segnale politico di vivace insofferenza.

Questa massiccia risposta popolare ha raggiunto il risultato politico prospettato dai promotori dei referendum elettorali al momento della raccolta delle firme: costringere il Parlamento, fino a quel momento refrattario, ad affrontare con serietà ed urgenza il tema della riforma elettorale. La Commissione Bicamerale è infatti al lavoro già da qualche tempo, ed ora che anche l'On. Segni ne fa parte si entra nel vivo delle questioni, con quello stile di franchezza e di sicurezza di se' - ci riflettevo guardando l'intervista di Bruno Vespa la sera di giovedi'- che attira oggi molte simpatie sull'On. Segni, così come ne attirava qualche anno fa sull'On. Craxi.

Al di là del fascino e della simpatia della persona, è indubbio anche quello del sillogismo: se si conserva in qualche forma la proporzionale i partiti attuali sopravvivranno; i partiti attuali non ci piacciono (inutile elencare i motivi); quindi occorre abolire qualsiasi traccia di proporzionale dalla nuova legge elettorale. Credo che molti come me sentano la forza di questo argomento, e siano disposti a superare numerose difficoltà, psicologiche e politiche, che si frappongono ad un'adesione piena al movimento referendario e alle tesi dell'On. Segni. Le difficoltà per alcuni di noi non sono infatti né poche né piccole: l'indubbia avversione dell'On. Segni, nel passato anche recente, ad alcuni amici e maestri come Aldo Moro o Benigno Zaccagnini; il fatto che il progetto di un pioniere della riforma delle istituzioni - Roberto Ruffilli, un altro maestro morto troppo presto - avesse ben poco a che vedere coi modelli inglese o francese cari a Segni (non casuale il fatto che, nell'intervista di Vespa, Segni non abbia mai parlato del modello tedesco, alquanto difficile da liquidare come inefficiente e consociativo). E d'altra parte queste difficoltà molti le superano, le hanno già superate, perche' le contro-obiezioni sono fin troppo facili: guardare la pagliuzza e non la trave? Non fa impressione, a chi difende in buona fede la proporzionale, la pessima compagnia in cui viene a trovarsi?

Sì, non è facile orientarsi, anche per chi non abbia alcun interesse personale o di gruppo e non abbia particolari inclinazioni verso schieramenti preconfezionati. Tutti, specialmente quelli che hanno sulle spalle il rischio e la responsabilità di intepretare il mandato popolare che hanno ricevuto al momento della loro elezione al Parlamento, dovrebbero però rendersi conto che la responsabilità adesso è grande, e che si sta giocando non solo il futuro politico di Martelli, La Malfa o Segni, ma soprattutto il futuro dei prossimi cinquant'anni del nostro Paese. I referendum sono serviti a costringere il Parlamento ad occuparsi della riforma elettorale. Ora la palla ce l'ha il Parlamento. Sottovalutare l'energia dirompente e le simpatie popolari di cui gode il DC Mariotto Segni sarebbe imperdonabile. Ma è imprudente anche qualunque radicalizzazione, qualunque scorciatoia fatta con la presunzione di stravincere ad un prossimo referendum, magari dopo aver fatto fallire proprio quell'iter parlamentare nel quale speravano tanti elettori del 9 giugno. Gli elettori italiani sono molto liberi e maturi. Non è ovvio che gli elettori del 9 giugno voterebbero compatti per l'uninominale che vuole Segni. Personalmente non vorrei essere messo alle strette da un altro referendum fra due alternative che non mi piacciono; preferirei invece che quelli che ho mandato da meno di un anno in Parlamento facessero il loro lavoro con cuore, con cervello, e con un pò di magnanimità e lungimiranza, per il superiore bene del Paese.

[Giovanni Bachelet]