Giovanni
Bachelet
Seminario di Libertà e Giustizia su “Etica e Democrazia”, Torino
19-20/11/2005
Quando,
prima
dell’estate, pensavamo a questo seminario nazionale, molti
sollecitavano una
riflessione su identità e valori del centrosinistra. La stessa
esigenza, piú o
meno in quel periodo, era stata espressa da Ezio Mauro in un articolo
di fondo
(14 giugno), che cito perché sintetizza bene quelle nostre discussioni.
Mauro
denunciava, in tutti i partiti della cosiddetta Seconda Repubblica,
l’assenza
“…di un deposito di tradizione, un portato di valori consolidati cui
far
riferimento: una politica dove molto è prassi, tutto è contemporaneo,
l’identità è incerta”. Una situazione nella quale la nuova cultura
teo-con –che
ai tempi della mia gioventú si sarebbe chiamata clerico-fascista–
rischia di
essere la vera interprete di un senso comune post-moderno, cosicché,
concludeva, “il centrosinistra…o trova un’identità culturale…oppure
perderà le
grandi sfide di questa fase, che nascono tutte dalla battaglia delle
idee, piú
che dagli schieramenti. Non si può reggere una partita in cui la
sinistra parla
di sé, mentre la destra parla della vita e della morte. Esistono
valori,
esistono diritti che la sinistra può testimoniare a testa alta nel
mondo di
oggi…”
La
ragione di questa
mia introduzione, piccola e modesta visto che la mia competenza
professionale è
in tutt’altro campo, sta nel fatto che, di fronte a un simile discorso,
avevo
espresso qualche perplessità. Sandra Bonsanti e Aldo Gandolfi mi
invitano a
riproporvi oggi, in apertura di seminario, gli stessi pensierini.
Forse
perché
cattolico sono particolarmente sensibile, per non dire allergico, ai
cortocircuiti, non infrequenti nella mia comunità, fra radici,
identità,
valori, cultura, politica e civiltà. Mi è molto piaciuto, in questo
senso,
l’articolo del 5 ottobre di Gustavo Zagrebelski, e sono felice che
abbia
accettato l’invito a partecipare al nostro seminario. I richiami
all’identità e
ai valori che piú mi preoccupano sono naturalmente quelli di Oriana
Fallaci o
del presidente del Senato, che lo scorso 23 settembre, a a New York,
dichiarava
con garbo popperiano: “Coloro che rifiutano la nostra cultura e i
nostri valori
sono i nuovi cannibali. Bisogna difendersi da questi cannibali con
tutti gli
strumenti, anche con la forza.” Ma un po’ mi preoccupano anche quando
li fa
Ezio Mauro.
Mi
pare infatti che,
almeno in un paese normale, ciò che differenzia partiti, soggetti e
schieramenti politici non dovrebbero essere i valori, ma le priorità e
le
compatibilità fra di essi, il modo di tradurli in programmi e
candidati. Gli
schieramenti che si contendono il governo del nostro Paese, a maggior
ragione
dopo la caduta del Muro di Berlino, il convegno di Fiuggi di AN, la
fine della
politica come alternativa di sistema, dovrebbero tutti convenire sui
valori
della Costituzione Italiana, e differire nel particolare equilibrio e
sintesi
fra i molteplici valori che essa esprime.
Limitiamoci
all’esempio di due valori: libertà e giustizia, che danno il nome alla
nostra
associazione. Il cuore di un’opzione politica non è la loro
declamazione (chi
ammetterebbe di essere a favore della tirannia e dell’ingiustizia?), ma
la loro
composizione e traduzione in un programma, in relazione alla situazione
economico-sociale, al contesto storico, all’emergere di nuove
tecnologie,
eccetera.
E’
chiaro che una
sintesi politica coinvolge anche i molti altri valori della nostra
carta
fondamentale: sicurezza pubblica, sviluppo economico, tutela
dell’ambiente,
protezione delle fasce sociali piú deboli, rispetto degli equilibri
della
finanza pubblica.
In
un’intervista
alla Repubblica Mario Monti (all’epoca della sua defenestrazione dalla
Commissione Europea) raccontava, ad esempio di aver persuaso il
cardinal Glemp
(rispetto all’adesione della Polonia all’Unione Europea) dicendogli che
il
rispetto della vita fin dalla nascita si ottiene anche evitando che
ogni
neonato nasca con un pesante fardello di debiti sulle spalle.
Il
richiamo di Mauro
a valori e identità del centrosinistra, da contrapporre a quelli del
centrodestra, mi preoccupa un po’ se racchiude un’involontaria
nostalgia per i
tempi in cui i partiti di governo e di opposizione, con l’esclusione
della
piccola pattuglia dei laici, si presentavano agli elettori come grandi
chiese,
come depositari di una visione del mondo globale. Non dovremmo
rincorrere gli
avversari su questo terreno. Mi pare che la laicità della politica in
senso
lato stia proprio nel definire pubblicamente, in modo partecipato, come
avvenne
nella campagna elettorale del 1996 per l’entrata nell’Euro, le linee
essenziali
di un programma: entusiasmare gli elettori con un progetto per l’Italia
che
rappresenti la migliore sintesi dei valori costituzionali e appaia
realizzabile
con successo nel lasso di tempo di una o due legislature.
Superando
la mia
naturale allergia ai cortocircuiti devo però ammettere che il richiamo
di Mauro
racchiude anche tre elementi su cui vale la pena di riflettere.
Anzitutto
la laica
distinzione ed inevitabile mediazione fra valori e progetti non
equivale
affatto alla legittimazione di ogni prassi e tattica, e non sono sicuro
che il
quinquennio di governo del centrosinistra, da questo punto di vista,
sia stato
sempre esemplare. Se ci interroghiamo sui valori del centrosinistra è
anche
perché scelte, schieramenti e leader
del nostro campo, quando eravamo al governo e talvolta anche dopo, non
hanno
sempre dato l’impressione di essere saldamente ancorate ad un progetto
e
ispirate a valori non negoziabili.
Un secondo elemento è un dilemma di
lungo periodo, del
quale oggi, dopo il quinquennio berlusconiano, vediamo tutta la
gravità: la
destra attualmente al governo condivide davvero, e fino in fondo, i
valori
della nostra Costituzione? Dalle leggi vergogna a quelle
sull’informazione
televisiva, fino alle scelte di politica estera (e di guerra), passando
per le
piú varie esternazioni del Presidente del Consiglio –Mussolini che in
fondo non
ha fatto male a nessuno, la Costituzione d’ispirazione sovietica,
l’incoraggiamento a chi non paga le tasse e cosí via– siamo arrivati
all’approvazione, senza il consenso e l’apporto dell’opposizione, di
una nuova
legge elettorale di dubbia costituzionalità (oltre ad essere tale da
“avvelenare i pozzi” in caso di vittoria del centrosinistra), e infine
di una
riforma costituzionale che, pur non rinnegando formalmente i valori
fondanti
contenuti nella prima parte, la stravolge. Il fatto che tre giorni fa
il
principale demiurgo della svolta di Fiuggi, il professor Fisichella,
vicepresidente del Senato, abbia votato contro questa riforma
costituzionale e
si sia contestualmente dimesso da AN, la dice lunga. In queste
condizioni non è
facile mantenere un britannico e laico stile di confronto
programmatico,
facendo finta che almeno nel suo insieme la destra al governo condivida
i
valori di fondo della Costituzione. Al di là dei singoli provvedimenti,
nell’offensiva culturale prima che governativa di questa destra il
rischio
peggiore è forse l’erosione della base etica comune, il rischio di un
Paese
diviso nella sua base etica. In questa condizione patologica non pare
difficile
identificare valori e diritti che caratterizzano il centrosinistra:
dovrebbero
essere comuni ai nostri avversari, ma almeno per noi sono ancora e
sempre
quelli della Costituzione. La sfida sarà quella di dover, al tempo
stesso,
agire su due piani: proporre un progetto del nostro schieramento, che,
come
accennavo, rappresenti la nostra particolare sintesi dei valori
costituzionali;
ma anche difendere, in quanto tale, la Costituzione di tutti, non solo
con la
battaglia referendaria, ma anche nello stile, nella cultura, nel
dibattito
pubblico. E fare questa difesa inflessibilmente ma amabilmente,
schivando la
tentazione di definire barbari o cannibali i nostri avversari: cercando
di non
contribuire ulteriormente all’erosione della base etica comune, di non
dividere
il Paese, di sfuggire, malgré tout, la trappola di nuovi steccati.
In
proposito
l’ultima, grande difficoltà è quella dei nuovi diritti e dei nuovi
grandi
interrogativi etici di grande rilevanza sociale legati a tre fenomeni
in sempre
piú rapida evoluzione: lo sviluppo della scienza e della tecnologia,
l’evoluzione dei costumi, l’incontro di diverse culture etnie e
religioni
legato alla globalizzazione e ai grandi moti migratori. Anche in questo
senso,
specialmente se governeremo, ritengo che la guida della nostra
Costituzione
rappresenti ancora un saldo punto di riferimento, riguardo al metodo
oltre che
al merito: come diceva Piero Fassino alla presentazione dell’ultimo
libro di
Scoppola e Tognon quattro giorni fa, quando avremo la maggioranza in
Parlamento
non dovremo fare come loro. Non dovremo procedere su temi sensibili e
di
rilevanza costituzionale a colpi di maggioranza. Su questi temi dovremo
saper
rimettere insieme il Paese e trascinare di nuovo su un terreno di
incontro e
dialogo il meglio di tutte le energie culturali, sociali, politiche e
religiose. Come nel ‘46. Oggi sembra un sogno. Domani, nel 2006,
potrebbe
diventare realtà.