Una stella sulla Majella

Giovanni Bachelet su Nuova Responsabilità (rivista dell’Azione Cattolica), luglio 2004

Una stella sulla Majella. Così nel 1944 Radio Londra annunciò in codice l’esito positivo della traversata della montagna abruzzese da parte di una sessantina di persone, fra cui il sottotenente Ciampi. Li conduceva Pietrorazio, un popolano sulmonese improvvisatosi, come altri, guida del sentiero verso Casoli, sede del comando alleato. Si lasciavano alle spalle l’Italia insanguinata delle Fosse Ardeatine, rischiavano la pelle per l’avvenire d’Italia. Arrivarono in cinquanta. Ogni anno seicento persone di tutte le età, soprattutto ragazzi, ripercorrono quel sentiero. A ricordo che libertà e giustizia non sono date una volta per sempre. Ma sono costantemente minacciate. Soprattutto dall’indifferenza.

Con queste parole il professor Pelino, preside del Liceo Scientifico di Sulmona, ha inaugurato, a fine aprile, la quarta marcia internazionale “Sentiero della Libertà”, cui contribuiscono istituzioni, associazioni laiche e cristiane, croce rossa, protezione civile, alpini. C’ero anch’io, con mia moglie e i suoi studenti. Quanti pensieri, nel lungo sentiero fra boschi e montagne fiorite. Che cosa sta succedendo alla legalità internazionale? che cosa combinano Inglesi e Americani, che qui portarono libertà e pace? perfino su questo glorioso passato ci siamo illusi? Un giornalista scopre, un po’ in ritardo, che anche fra i partigiani ci furono crudeltà. Su Vita e Pensiero uno scrittore denuncia “la cultura dominante che ha indicato alle giovani generazioni non l’alpino ma il partigiano come esempio di eroismo”. Il vento cambia? Mussolini non ha fatto male a nessuno? Che direbbe Teresio Olivelli, alpino e partigiano, dirigente di AC, ribelle per amore, morto in un lager? E sul primato dei soldi; sulla manipolazione e l’ottundimento mediatico che veicola paradisi di moda, successo, eterna plastificata giovinezza; sulla legalità e sui diritti degli ultimi, di cui parlava il Preside all’inizio della marcia, noi cristiani non abbiamo piú niente da dire?

L’ ultima tappa è Taranta Peligna; l’unica messa compatibile con la marcia è all’alba. Altri colleghi di marcia si sono svegliati presto e arrivano in chiesa con noi. Quando si alza e va a leggere riconosciamo il sindaco del paese, che il giorno prima era al sacrario della Brigata Majella con la fascia tricolore. Il prete è giovane, mingherlino, vestito da prete all’antica; che tipo sarà? Dopo l’omelia si rivolge a noi, ospiti di passaggio. Ci ringrazia perché teniamo viva la memoria degli uomini e delle donne che ebbero il coraggio di esporsi per il bene di tutti; una memoria di coraggio e sacrifici alla base della (imperfetta) libertà, pace e giustizia sociale degli ultimi sessant’anni, che non può perdere chi cerca la civiltà dell’amore di cui parla il Papa, chi non vuole sprofondare nella guerra, nell’egoismo, nell’indifferenza. Anche oggi, dice, occorre indovinare dov’è il bene e avere il coraggio di esporsi in prima persona, lavorando insieme agli altri uomini di buona volontà che cercano libertà, giustizia e pace. Ripartiamo sereni. Nella chiesa di Taranta abbiamo sentito parole chiare. Sulla Majella brilla la stella del mattino.