Giovanni Bachelet per Nuova Responsabilità (rivista dell’Azione Cattolica), ottobre 2004
Tempo fa, sulle
pagine di un quotidiano, un opinionista lanciò ai cristiani italiani
(piú
precisamente a noi cattolici) una memorabile provocazione. Al momento
di destinare
l'otto per mille, diceva, oltre l'ottanta per cento delle preferenze
espresse
dagli italiani è in favore della Chiesa Cattolica. Sulla morale
familiare e
sessuale, invece, diverse inchieste suggeriscono che solo il quattro
per cento
dei praticanti condivide e cerca di vivere fino in fondo le indicazioni
del
Magistero. Ergo? L'opinionista concludeva che la Chiesa deve insistere
nell'impegno sociale e caritativo, capito e apprezzato dai piú, anche
dai
lontani; e desistere, invece, dal suo insegnamento, troppo rigido e
ormai
incomprensibile anche ai praticanti, nel campo della famiglia, della
vita,
eccetera.
Ci furono
risposte autorevoli, in linea con la felice battuta del mio professore
di
Analisi Matematica negli anni della contestazione: vogliamo dimostrare
il
teorema di Pitagora per alzata di mano? Chi ha il mandato di proclamare
il
Vangelo deve proclamarlo tutto; la sua validità non dipende dal grado
di
consenso accordato dagli ascoltatori; agli Apostoli Gesú non promette
ovazioni
e applausi, ma (insieme alla Sua gioia) maldicenze e persecuzioni.
A questo
sacrosanto e primario argomento si potrebbe però aggiungere una
riflessione
secondaria: forse il diverso grado di comprensione e adesione a diversi
aspetti
della vita cristiana è anche legato ad un nostro diverso grado di
convinzione,
di entusiasmo, di testimonianza. Forse sotto sotto siamo convinti che
un bel
campetto sportivo, un bell'oratorio, una ben riuscita gita
parrocchiale,
un’efficace attività sociale e assistenziale, una tangibile presenza
nella
sanità e nella scuola, siano piú importanti della formazione cristiana.
Ma amore e
responsabilità, titolo di un antico libretto del Papa quando era ancora
Vescovo, non s’improvvisano, specialmente in un mondo dove i modelli di
comportamento sono dettati dalle telenovelas e dal Grande Fratello.
Amore e
responsabilità rappresentano il coronamento di un cammino di formazione
lungo e
impegnativo, che richiede e produce adulti cristiani liberi e forti. Le
attività a forte contenuto organizzativo richiedono, invece, molti
gregari e
molti soldi: è difficile resistere alla tentazione di chiudere un
occhio e non
andare tanto per il sottile nella chiamata e nella formazione delle
persone.
Come
meravigliarsi se poi restano in ombra aspetti chiave della vita
personale e
familiare, dei quali non si discute mai con chiarezza, magari per paura
di far
scappare i volenterosi, o semplicemente perché non c'è tempo? E non
parlo di
fedeli distratti della messa domenicale; parlo purtroppo dei nostri
ragazzi,
dei nostri animatori, dei nostri adulti: nella mia esperienza di
chiesa,
vissuta in diverse città, questo squilibrio sembra investire
trasversalmente
famiglie parrocchie associazioni e movimenti. Il rischio è che, in
aspetti
cruciali della vita personale, ai lontani arrivi, attraverso i
documenti del
Magistero, la chiarezza e il rigore dei nostri principi; mentre ai
vicini sia
riservata una calda comprensione e un'ampia larghezza di vedute, al
limite
della colpevole indifferenza, che lascia i ragazzi soli davanti a
scelte che
incidono su un’intera vita. Non sarebbe piú prudente essere chiari ed
esigenti
coi nostri figli, e riservare, magari, comprensione e misericordia
soprattutto
ai lontani?