Chiunque ha
paura e trema, torni indietro
Giovanni Bachelet su Nuova
Responsabilità (rivista dell’Azione Cattolica), dicembre
2004
Il Signore disse a Gedeone: La gente che è con te è
troppo numerosa, perché io metta Madian nelle sue mani; Israele
potrebbe vantarsi dinanzi a me e dire: La mia mano mi ha salvato. Ora
annunzia davanti a tutto il popolo: Chiunque ha paura e trema, torni
indietro (1 Gdc 7, 2).
Con mia madre e mia sorella scegliemmo questi versetti, cari a
papà, per accompagnare la sua foto. Gedeone, seguendo le
istruzioni del Signore, rimanda a casa trentaduemila uomini e ne tiene
trecento. Con loro, armati di brocche, trombe e fiaccole accese – e
grande coraggio, fondato sulla parola del Signore – irrompe di notte
nel campo dei Madianiti, che, presi dal panico, fuggono in disordine.
Ci voleva coraggio e fede per accettare a trentatré anni, da
Giovanni XXII, e a trentotto, da Paolo VI, la vicepresidenza e poi la
presidenza dell’Azione Cattolica. Il mandato era rivoluzionario:
attuare in Italia il Concilio. Far entrare la Bibbia e la nuova
liturgia in ogni famiglia e in ogni parrocchia. Trasformare l’Azione
Cattolica in un laboratorio della Chiesa di domani, un’innovativa
combinazione di democrazia interna e serena fedeltà ai Pastori.
Concentrarsi sul Vangelo e sulla formazione cristiana, restituendo
l’impegno politico (e lo sport, e altre cose buone per le quali
l’Azione Cattolica aveva svolto opera di supplenza) all’autonoma
responsabilità dei laici. Voltare pagina rispetto a quelli che
Mario Rossi aveva chiamato “i giorni dell’onnipotenza”, affrontando
un’inevitabile ma dolorosa cura dimagrante numerica e finanziaria, con
coraggio e fiducia, come Gedeone, nel Signore e nella Sua parola.
La distinzione fra azione cattolica e azione politica, l’importanza
della competenza e della conoscenza, la legittima pluralità di
opinioni in molti campi dell’agire umano, chiarissime nella
Gaudium et
Spes, implicano rispetto, non disprezzo per la politica,
definita da
Paolo VI “la piú alta forma di carità”. Concluso il
servizio all’Azione Cattolica, nulla impediva un impegno politico;
dubito però che fosse la cima dei desideri di mio padre, che
amava l’università. In quegli anni, poi, la DC aveva già
perso quasi tutto il suo smalto (alcuni amici di Paolo VI si
candidarono nel PCI, facendolo non poco arrabbiare); oltre a noi figli
e un allora scapigliato Paolo Giuntella, ben pochi scommettevano sulla
“nuova DC” di Moro e Zaccagnini. Da loro, però, mio padre
accettò una candidatura; fu eletto, e poco dopo il Parlamento lo
designò per il Consiglio Superiore della Magistratura, che lo
elesse Vicepresidente. All’epoca alcuni politici, tuttora vispi e
attivi, avevano coniato lo slogan “né con lo Stato né con
le Brigate Rosse”; e c’era chi tramava nell’ombra, fra logge e bombe
sui treni. Impegnarsi nella Magistratura richiedeva coraggio. Come poi
si vide.
Ho perciò gioito quando Comunione e Liberazione ha finalmente
riconosciuto, la scorsa estate, con l’invito a Paola Bignardi, la
centralità e la
leadership
della nuova Azione Cattolica: proprio quella nata trentacinque anni fa
dall’amletico Paolo VI, dall’imprudente monsignor Costa, dal “mite,
dubbioso e tremante” Vittorio Bachelet – come l’ha definito, in
quei giorni, il Corriere della Sera.