audizione di Giovanni Bachelet presso la 7°
Commissione
del Senato,
8 febbraio 2007
Anzitutto ringrazio Presidente e Commissione per l'invito a
questa
audizione.
Non presumo di essere noto a tutti voi e perciò mi
presento:
sono
ordinario di Fisica a Roma, alla Sapienza. Prima del 1991 ho lavorato
negli
Stati Uniti, alla Scuola Normale di Pisa, in Germania, nel CNR e
all'Università
di Trento. Come potete controllare su web con Google Scholar (pubblico
e
gratuito, potrebbe servire a questa Commissione anche in altre
occasioni), la
mia pubblicazione piú citata riguarda la teoria degli elettroni
nei
materiali
ed ha ricevuto finora oltre 1600 citazioni; sempre su web potete
trovare il mio
curriculum.
Ho lavorato nell'Istituto Nazionale Fisica della Materia
(INFM) fin
dalla sua fondazione, avvenuta nel 1994 ad opera del Governo
Berlusconi. Ho
partecipato con entusiasmo alla sua crescita e ai suoi successi negli
anni
seguenti in un campo, la fisica della materia (semiconduttori,
superconduttori,
nanotecnologie, materia biologica), che vede strettamente intrecciate
l'avanzamento della conoscenza e l'innovazione tecnologica. Come sapete
in
queste stesse ore viene presentata al Senato la relazione finale del
CIVR sul
triennio 2001-2003, dalla quale risulta che nell'ambito delle scienze
fisiche
l'INFM era in testa insieme all'INAF, seguiti a poca distanza
dall'INFN, a
maggiore distanza dal CNR, e ancora maggiore dall'ENEA. Questa
significativa
graduatoria era nota da diversi mesi.
Un dato nuovo emerso solo nella presentazione di oggi me lo
ha, invece,
appena fornito Elisa Molinari, responsabile di Elisa
Molinari, responsabile di Infm-Cnr, una delle strutture ex-Infm, che sta seguendo, in contemporanea a questa audizione, la
presentazione della relazione CIVR: nell’indice di valorizzazione
applicativa
del CIVR, che tiene conto dei brevetti, INFM da
sola (sempre nel triennio 2001-2003) copriva oltre il 30% delle
attività di valorizzazione applicativa degli enti di ricerca
italiani
valutati,
e oltre l'11% del totale riferito all’insieme degli enti e delle
università.
Poiché sul disegno di legge delega per il riordino
degli
enti di
ricerca avete ascoltato e ascolterete molte voci, qui mi concentrerei
su ciò
che conosco meglio, l’INFM, la cui recente incorporazione nel CNR ha
prodotto
(al di là delle migliori intenzioni) risultati disastrosi.
La sua rinascita, auspicata da quasi un migliaio di
colleghi, è
tecnicamente possibile grazie a questo disegno di legge delega. Esso
prevede
infatti non solo linee guida del tutto coerenti con ciò che era
l'INFM
prima
dell'incorporazione (autonomia e indipendenza volte all'avanzamento
della
conoscenza; alto profilo scientifico e coinvolgimento della
comunità
scientifica nella scelta dei dirigenti, secondo i modelli INFN e INAF,
non a
caso in testa anch'essi alla classifica CIVR; semplificazione
amministrativa e
ruolo dei Consigli Scientifici; dimensione europea e internazionale);
ma
prevede anche, esplicitamente, "lo scorporo di strutture e
l’attribuzione
di personalità giuridica".
Sulla storia dei successi dell'INFM (cosí come
sull'insieme
del ddl
delega) mi riservo di rispondere alle vostre domande. Ora vorrei
sottolineare
che le particolari modalità d'incorporazione nel CNR hanno
sostanzialmente
distrutto la specificità dell'esperienza INFM, che consisteva
nell'integrazione
fra rete di ricerca universitaria, centri e laboratori di ricerca e
grandi
facilities internazionali.
Alcuni "pezzi" (centri e laboratori) si sono in parte
salvati, perdendo però, grazie ai nuovi regolamenti del 2005 che
hanno
ulteriormente burocratizzato e accentrato il CNR, quasi tutte le
prerogative
che rendevano l'INFM simile all'INFN e in genere alla ricerca a quella
europea
e americana: valutazione ex ante e ex post con standard internazionali,
responsabilità decentrata, agilità di spesa,
possibilità di contratti
tenure-track, spinoff verso l’industria. Si è persa, poi, ogni
possibilità di
programmazione a medio e lungo termine, a causa di una continua
incertezza.
Ben peggiore sorte ha avuto la rete universitaria, scomparsa
del tutto
e tenuta in vita solo dal tentativo di un consorzio, il CNISM, che ha
avuto
però finanziamenti minuscoli ed è servito principalmente
a tenere unita
la
comunità. In proposito Gianni Stefani, attuale presidente del
CNISM, mi
prega
di segnalarvi l’opportunità che il ddl permetta esplicitamente
al
Ministro
d’intervenire anche su entità come i consorzi interuniversitari,
che
sono enti
pubblici di diritto privato vigilati dal MUR (nella formulazione
attuale ciò è
previsto solo per gli enti pubblici di ricerca), in modo da permettere
lo
scioglimento e la confluenza del CNISM nel nuovo INFM.
Infine non è stato ereditato da nessuno il ruolo di
"cervello" che aveva l'INFM rispetto all'impegno nelle grandi
facilities internazionali, come il sincrotrone di Grenoble, che
consisteva non
solo nella gestione dei relativi fondi, ma nel collegamento, controllo
e
supervisione scientifica di linee di ricerca e utenti italiani.
In sintesi, viviamo da piú di due anni in un marasma
organizzativo e in
un clima da 8 settembre, molti di noi sostenuti ormai solo dai fondi
reperiti
da altre fonti nazionali o europee. Ciò nonostante, la
comunità
scientifica che
era nel perimetro del vecchio INFM ha resistito al meglio, è
unita e
determinata nell'intenzione di rimettere in piedi l'Istituto, ed
è
ancora in
grado di farlo (un'assemblea nazionale in proposito è prevista
per il
prossimo
16 febbraio, in vista di una interlocuzione col Governo e col
Parlamento non
appena le cose si metteranno in moto), purché questo avvenga nel
piú
tempo
breve possibile.
In tal senso –me lo hanno segnalato in vista di questa
audizione i
colleghi Deriu, Parisi, Stefani e molti altri variamente impegnati
nell’opera
di collegamento della nostra comunità in attesa della
ricostituzione
dell’Istituto – va prevista con chiarezza, forse già con una
modifica
al ddl,
una gestione commissariale della fase transitoria, altrimenti quasi
impossibile
alla luce dello "spezzatino" della struttura precedente.
Ci ha quindi molto rallegrato l'intenzione espressa dal
Ministro alla
vostra commissione, lo scorso 5 luglio, di ricostituire in tempi brevi
l'INFM,
e ancora di piú il commento al riguardo del Sen. Asciutti, nella
successiva
seduta del 12 luglio: "Lo abbiamo portato all’interno del CNR, ma siamo
disponibili al cento per cento a riportarlo fuori!".
Questo suggerisce infatti che, cosí come all'interno
della
nostra
comunità scientifica, anche in questa Commissione il consenso
all'operazione di
ricostituzione dell'INFM è legato a considerazioni di buon
senso,
all’urgenza
di rimediare ad una grave svista precedente, ed è quindi del
tutto
trasversale
agli schieramenti politici.
Ora però sono passati altri sei mesi abbondanti e non
è
ancora accaduto
nulla. La nostra comunità è allo stremo e ad ogni mese
che passa
rischia di
perdere colpi ed occasioni importanti (ad esempio a proposito del
settimo
programma quadro). La scomparsa della nostra istituzione è
risultata
quasi
incredibile sia ai nostri colleghi dell'INFN, sia ai colleghi stranieri
che ci
avevano visto crescere e acquistare prestigio nei dieci anni dalla
fondazione.
Questo ddl consente finalmente di salvarci e di restituire all'Italia
un
Istituto innovativo e competitivo a livello internazionale in un campo
di
grande rilievo per la scienza, per la tecnologia e per la formazione di
risorse
umane adeguate alle sfide del nostro tempo. Contiamo sul vostro aiuto,
sull’aiuto di tutti. Grazie.