Le letture di
oggi
aprono l’Avvento. “Tempo del primo Avvento, tempo del secondo avvento,
sempre
tempo di Avvento. Anche il grano attende, anche l’albero attende,
attendono
anche le pietre. Tempo del concepimento di un Dio che ha sempre da
nascere”.
Cosí comincia la Ballata della Speranza di Davide Maria Turoldo,[1] imparata una
trentina
d’anni fa per una veglia degli Scout. Il primo Avvento è l’attesa di
Maria e la
nascita di Gesú a Betlemme, duemila anni fa. Il secondo Avvento è la
seconda
venuta di Gesú, la Parusia, il suo ritorno nell’ultimo giorno, atteso
dai
cristiani di tutti i tempi. Oggi, inizio dell’anno liturgico, le
letture
richiamano questa grande attesa.
Isaia parla
del giorno
in cui tutti i popoli saliranno al monte del Signore, che sarà re e
giudice fra
le genti; di un nuovo tempo di pace nel quale la guerra sarà
dimenticata e le
spade trasformate in aratri. Anche il salmo responsoriale, che per una
coincidenza è lo stesso di domenica scorsa, parla delle tribú che
salgono con
gioia a Gerusalemme, e invoca pace. La lettera di Paolo sveglia i
cristiani di
Roma: la notte è avanzata, il giorno è vicino. E’ ora di buttare via le
opere
delle tenebre e indossare le armi della luce. Nel Vangelo di Matteo
Gesú stesso
parla ai suoi della seconda venuta. Il suo ritorno sorprenderà quelli
che, come
ai tempi di Noè, mangiano, bevono e vivono senza pensare a Dio; Gesú
avverte
inoltre che, per salvarsi, non basterà appartenere a una famiglia, a
una casa:
di due uomini che sono nello stesso campo, uno sarà preso e l’altro
lasciato.
Occorre perciò vegliare, essere sempre pronti.
L’arrivo di
Gesú come un
ladro nella notte, in un’ora che nessuno può prevedere –l’ora della
nostra
morte, come diciamo nell’Ave Maria, o l’ora della fine del mondo– fa
paura ed è
un ammonimento a svegliarsi e cambiare vita. Quest’aspetto delle
letture di
oggi, un tempo molto sottolineato (si parlava di giudizio particolare e
giudizio universale), ci spinge a ricordare le promesse del nostro
Battesimo.
La nostra veste bianca è ancora bianca o ha bisogno di una bella
lavata? Siamo
pronti, oppure siamo rassegnati alla nostra debolezza, alla nostra
sonnolenza
davanti alla televisione o al computer, alle nostre notti vuote di Dio
e piene
di negligenza, stupidità, indifferenza alle necessità degli altri?
L’inizio di
questo Avvento e le letture di oggi ci ricordano che il tempo è
prezioso.
Possiamo ancora usarlo bene. Nessun peccato, colpa, errore, rimorso,
dubbio è
troppo grande: siamo ancora in tempo.
Le letture,
però,
parlano anche di gioia. Promettono un nuovo tempo di pace e di
giustizia al
quale il mondo è destinato, per il quale vale la pena di lavorare,
vivere e
sperare. I primi cristiani, ripieni di Spirito Santo, attendevano il
ritorno di
Gesú da un momento all’altro. Ma il sentimento prevalente non era la
paura. Era
invece il desiderio; la fretta di rivederlo; la viva coscienza che
questo mondo
e questa vita, pure meravigliosi, sono solo una preparazione di
quell’incontro,
di quel nuovo e definitivo mondo di pace e di gioia. I primi cristiani,
poi,
ricordavano che Gesú, come abbiamo visto nel Vangelo di domenica
scorsa, è re e
giudice ben diverso dai potenti di questo mondo. Regna e giudica con
infinita
bontà e misericordia dall’alto di una croce che ha voluto portare al
posto
nostro. Gli basta il sorriso di un ladrone per portarselo la sera
stessa in
Paradiso.
Chiediamo allora
a Dio il
dono dello Spirito Santo, promesso da Gesú quando è salito al cielo.
Che lo
Spirito Santo ci aiuti a capire dov’è il bene: finché siamo piccoli ci
guidano
i grandi, ma da grandi dobbiamo esercitare responsabilità e
intelligenza. Che
lo Spirito Santo ci aiuti a non disperarci di fronte al nostro
ricorrente
peccato e al tanto male che c’è nel mondo, ma anche a non rassegnarci:
a
ricominciare, invece, ogni giorno la buona battaglia, dentro e fuori di
noi,
certi della misericordia e dell’aiuto di un Padre buono che è nei
cieli, sempre
pronti al ritorno di Gesú.