Costituzione e Concilio. Da laici cristiani dentro la città

relazione di Giovanni Bachelet al Convegno Nazionale MIEAC
“Laicità, libertà, complessità. I compiti dell'educazione”, Firenze, 1º marzo 2008

Nel 1955, in un discorso agli studenti milanesi, un costituente fiorentino, Piero Calamandrei, disse: La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé...perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani... «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Gli dice: «Se continua questo mare il bastimento affonda». E quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». .... È così bello! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io... Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai...sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica.

Qui, nel discorso dell’azionista Calamandrei, c’è un excursus su alcuni articoli chiave della Costituzione e i nomi illustri del Risorgimento che ciascuno di essi gli evoca, da Mazzini a Beccaria. Nel leggere il discorso mi veniva in mente che quanti, da cristiani, avevano dato un contributo decisivo ed originale alla Costituzione, avrebbero potuto anche loro, ad ognuno di quegli articoli, affiancare nomi come Tommaso D’Aquino, Toniolo, Maritain, Mounier; oppure, per limitarsi al Risorgimento, come Rosmini, prima messo all’indice ed ora beatificato, e Manzoni, ai suoi tempi a rischio scomunica per aver accettato di essere membro del primo Senato dell'Italia unita e poi rivalutato da generazioni di preti e professori cristiani.

...ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo... Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.

Il discorso di Calamandrei lo richiamo non solo per i sessant’anni della nostra Costituzione, che sono nel titolo del nostro incontro di oggi, né solo in omaggio ai molti che per essa hanno dato la vita anche dopo, ad esempio nella lotta contro la criminalità organizzata o il terrorismo (fra poco saranno trent’anni dal rapimento di Moro); ma perché mi pare di grande attualità. Infatti, molto di recente, la Costituzione del 1948, per non essere stravolta, ha avuto bisogno di una forte mobilitazione e di un referendum popolare – fortunatamente vinto con larghissimo margine, molto superiore a quello che divide i due schieramenti politici del Paese. Essendo stato tesoriere del comitato nazionale del referendum, di cui era presidente Oscar Luigi Scalfaro, potrò, se lo chiederete, aggiungere in proposito racconti e riflessioni, in particolare sulla rilevanza dei laici cristiani in questa battaglia. Qui, sempre a proposito di attualità, aggiungerei solo che l’artefice di questo stravolgimento rischia di ritrovarsi nuovamente al governo del Paese, e si è già detto intenzionato a riprovarci; cosa non soprendente, visto che egli è estraneo allo spirito e alla lettera della nostra Costituzione: ha detto che Mussolini non ha fatto del male a nessuno, ha dichiarato in pubblico che se le tasse sono troppo alte è giusto evaderle (ma chi ha mai trovato le proprie tasse giuste o addirittura troppo basse?), ed è, infine, sinceramente convinto che provengano dalla Costituzione sovietica due articoli per i quali, invece, l’apporto dei molti cattolici della Costituente è stato, insieme a quello dei pochi “mazziniani”, molto rilevante: l’art. 41, secondo il quale L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana..., e l’art. 42, secondo il quale ...la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti...

Già, rilevanza e irrilevanza dei cattolici: secondo una vulgata alla quale non è facile replicare (per la progressiva rarefazione e inaccessibilità degli strumenti di pubblico confronto interno alla chiesa: perciò vi ringrazio molto di questo invito) i cattolici italiani sarebbero stati rilevanti alla Costituente e nei quarant’anni democristiani, e risulterebbero invece irrilevanti negli ultimi vent’anni di rimescolamento e grandi trasformazioni economiche e sociali che hanno accompagnato la fine del comunismo, la globalizzazione, le nuove tecnologie informatiche e biomediche.


In proposito s’impongono domande che hanno molto a che fare con l’altro tema di questo incontro, il Concilio, e rivelano come esso sia profondamente collegato con quello della Costituzione. Negli ultimi vent’anni i cattolici italiani sono stati davvero politicamente irrilevanti? come si misura e chi misura la loro rilevanza o irrilevanza? e quando c’è, come è stata ottenuta?

Cito una recente riflessione di Paola Gaiotti: dire che i cattolici siano stati irrilevanti nella gestione difficile della crisi italiana, nell’individuazione delle vie d’uscita, si può solo se si cancellano sia i numeri, sia i nomi dei tanti cattolici adulti, da Nino Andreatta a Pietro Scoppola, da Roberto Ruffilli a Leoluca Orlando, ai giovani fucini che aprirono la stagione referendaria, e infine da Oscar Luigi Scalfaro a Romano Prodi, che li hanno rappresentati al livello più alto, riscoprendo il valore dell’impegno politico proprio in ragione della crisi del Paese. Questi cattolici, nonostante un appoggio e un entusiasmo da parte dei Pastori molto piú tiepido (uso un eufemismo) rispetto agli anni democristiani, sono stati rilevanti, eccome. Da adulti. Sono stati portatori di una lettura originale della crisi, della trasformazione della società, dell’economia: una lettura capace di produrre un disegno complessivo per il Paese e di competere non per un ministero, per una regione, per una manciata di seggi o di poltrone: di competere per la guida dell’intero Paese. Sono stati rilevanti perché ottimisti, sostanzialmente fiduciosi nelle potenzialità del mondo che cambia, sinceramente affezionati al metodo del dialogo, convinti assertori e fautori dei principi di libertà e democrazia. Rilevanti perché autonomamente responsabili delle proprie scelte politiche e capaci di resistere alla tentazione di trascinare l’autorità della chiesa a proprio favore, di trascinarla in un campo per lo piú opinabile come quello delle scelte temporali, nel quale anche in passato, e lo dimostra la richiesta di perdono del Papa al Giubileo, la chiesa, sempre per usare un eufemismo, non sempre ha indovinato.

Nell’ultimo ventennio è emersa, è vero, anche una nuova figura di cattolico politicamente irrilevante, che nessuno si sognerebbe di candidare alla presidenza della Repubblica o del Consiglio; parlo di quei laici cattolici che, non avendo alcuna competenza in campi (eticamente sensibilissimi) come immigrazione, evasione fiscale, sicurezza sul lavoro, economia, politica internazionale e difesa, strombazzano valori non negoziabili soltanto in alcuni e ben selezionati ambiti legislativi legati alla salute, alla trasmissione della vita e alla famiglia; ambiti importantissimi, per carità, ma dotati anche del notevole pregio di poter essere illustrati con maggiore facilità a suore, prelati e capi di associazioni e movimenti ecclesiali bisognosi da un lato di rassicurazioni e semplificazioni politiche, e dall’altro, di un’interlocuzione con le istituzioni civili preziosa anche per ragioni economiche e organizzative.

Resta l’ultima domanda: come hanno fatto i cattolici che (per esempio) hanno avuto un ruolo guida e salvato il Paese in alcuni recenti passaggi molto critici, come la bancarotta del 1992 o l’entrata nell’euro nel 1998, ad essere, malgrado i cambiamenti dell’Italia e del mondo e la sopravvenuta scarsa comprensione da parte della Chiesa, rilevanti quanto i cattolici della Costituente o i leader del primo quarantennio democristiano? (quando dico “leader” alludo naturalmente ai casi positivi: anche nell’età dell’oro del cattolicesimo politico non mancavano esempi di irrilevanza politica e purtroppo anche di rilevanza negativa)

Il segreto della loro rilevanza sta, a mio avviso, nel Concilio. I “cattolici rilevanti” dell’ultimo ventennio si sono, semplicemente, ispirati e uniformati allo stile dei loro predecessori: uno stile che nella Costituente e nel primo quindicennio democristiano anticipò il Concilio (e per questo De Gasperi, nell’ultima fase della vita, ebbe grane perfino con le massime autorità della Chiesa), e poi, nei successivi venticinque anni, lo realizzò. Per verificare questa tesi lascio la parola al n. 76 della Costituzione Gaudium et Spes, intitolato La comunità politica e la Chiesa.

È di grande importanza, soprattutto in una società pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori.

La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana.

La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo. L'uomo infatti non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna.

Quanto alla Chiesa, fondata nell'amore del Redentore, essa contribuisce ad estendere il raggio d'azione della giustizia e dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra le nazioni. Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini.

Gli apostoli e i loro successori con i propri collaboratori, essendo inviati ad annunziare agli uomini il Cristo Salvatore del mondo, nell'esercizio del loro apostolato si appoggiano sulla potenza di Dio, che molto spesso manifesta la forza del Vangelo nella debolezza dei testimoni. Bisogna che tutti quelli che si dedicano al ministero della parola di Dio, utilizzino le vie e i mezzi propri del Vangelo, i quali differiscono in molti punti dai mezzi propri della città terrestre.

Certo, le cose terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa stessa si serve di strumenti temporali nella misura in cui la propria missione lo richiede. Tuttavia essa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile. Anzi, essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni.

Ma sempre e dovunque, e con vera libertà, è suo diritto predicare la fede e insegnare la propria dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la propria missione tra gli uomini e dare il proprio giudizio morale, anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E farà questo utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al Vangelo e in armonia col bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni.

Nella fedeltà del Vangelo e nello svolgimento della sua missione nel mondo, la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed elevare tutto quello che di vero, buono e bello si trova nella comunità umana rafforza la pace tra gli uomini a gloria di Dio.

E’ nella distinzione chiara degli ambiti e nella valorizzazione delle competenze e dell’autonoma responsabilità dei laici, è nel Concilio la chiave della rilevanza politica: nel Concilio e nei preti che l’hanno preparato, che poi si dà il caso che in Italia fossero proprio Montini, Costa, Guano, Vivaldo, cioè i preti che prima del Concilio avevano tirato su nella FUCI e nell’azione cattolica Moro, Taviani e un’intera generazione di grandi capi democristiani

Ben piú che alla rilevanza politica dei cristiani, questa distinzione, che permette alla Chiesa di non essere parte fra le parti e di parlare al cuore di tutti, giova all’annuncio della buona novella; ma questo non è il tema di oggi. Anche limitandoci a Costituzione Concilio e rilevanza dei laici cristiani nel mondo contemporaneo, però, va certamente aggiunto che del Concilio conta non solo questa profondità e prudenza nella distinzione degli ambiti, non solo l’abbandono con vero sollievo e non con rammarico del potere temporale, ma anche, e forse piú, uno sguardo sorridente e non accigliato, fiducioso e non sospettoso, rivolto al mondo contemporaneo: Gaudium et Spes, il titolo appunto della Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. E’ difficile, infatti, trasformare un mondo che non amiamo, ma temiamo. Quest’amore intelligente e critico, ma pieno di gioia e speranza, brilla nelle parole conclusive del testamento di Paolo VI, quando dice

Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo. Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà.

Lo stesso amore brillava nelle parole con le quali Giovanni XXIII aprí il Concilio, quando avevo sette anni e papà mi portò a casa la sua carezza.

C’è inoltre un’altra cosa, Venerabili Fratelli, che è utile proporre alla vostra considerazione sull’argomento. Ad aumentare la santa letizia che in quest’ora solenne pervade i nostri animi, Ci sia cioè permesso osservare davanti a questa grandiosa assemblea che l’apertura di questo Concilio Ecumenico cade proprio in circostanze favorevoli di tempo.

Spesso infatti avviene, come abbiamo sperimentato nell’adempiere il quotidiano ministero apostolico, che, non senza offesa per le Nostre orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa.

A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo.

Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa...

...Aprendo il Concilio Ecumenico Vaticano II, è evidente come non mai che la verità del Signore rimane in eterno. Vediamo infatti, nel succedersi di un’età all’altra, che le incerte opinioni degli uomini si contrastano a vicenda e spesso gli errori svaniscono appena sorti, come nebbia dissipata dal sole.

Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento, piuttosto che condannando.

La mia impressione è che stiamo un po’ tutti perdendo questo spirito. Passiamo buona parte della giornata, laici e preti, a maledire questo nostro tempo, ad elencarrne rischi ed orrori, anziché guardare al lato buono, alle opportunità che ieri non c’erano, e identificare magari nuove strategie capaci di vincere, o almeno di diminuire un po’ qualcuno dei dolori e dei guai che ci sono. A molti politici piace di piú fare i preti o i profeti. A molti preti piace di piú fare gli organizzatori o i politici. Nessuno fa bene il suo mestiere.

Qualche anno fa, quando Paola Bignardi, che adesso è qui, era vostra Presidente, ha impegnato un intero anno a far rileggere a tutti i laici di azione cattolica i documenti del Concilio. Se anche i preti e i vescovi rileggessero ogni tanto questi documenti, ritroverebbero un po’ di gioia, un po’ di speranza, un po’ di fiducia nel Signore, in se stessi, nel nostro tempo drammatico e magnifico; e forse anche in noi laici e nella nostra autonoma capacità di impegno e discernimento nel difficile mondo della politica.

[Giovanni Bachelet]