L'Unità, Mercoledì 15 febbraio 1995



L'INTERVISTA
Giovanni Bachelet
esponente dell'associazionismo cattolico

"Un suicidio se il Ppi va col Polo"


La scelta sofferta del voto al Partito popolare, il recupero della ispirazione originaria dei cattolici democratici. L'avvertimento ai dirigenti del Ppi: "Badate che se alle regionali farete le liste con Forza Italia, nessuno vi seguirà". Positi va la candidatura Prodi ("Nell'associazionismo lo conosciamo come persona perbene e competente") e il coraggio del Pds che lo sostiene. Giovanni Bachelet ci racconta aspettative e timori del mondo cattolico democratico. 


JOLANDA BUFALINI



ROMA.
Domenica mattina, al campetto della parrocchia di Cristo Re. Dopo la messa delle dieci i ragazzi giocano a pallone, i piccoli si inseguono, i genitori chiacchierano o discutono. E, in questi giorni, il tema, sul piano politico, è d'obbligo. La candidatura del cattolico Prodi. È qui che incontro Giovanni Bachelet. Ricorre in questi giorni il quindicesimo anniversario della morte di suo padre, Vittorio, vittima della lucida follia omicida delle Br che individuarono, proprio in quella parte del mondo cattolico che voleva sbloccare la democrazia italiana, il nemico principale (Moro, Bachelet, Ruffilli, Tarantelli...). Con Bachelet parliamo del Consiglio nazionale dei popolari appena conclusosi, del paradosso del ripresentarsi di quel vecchio modo di fare politica, basato su equilibrismi che lasciano al di fuori le aspettative della società civile. Giovanni - fisico alla "Sapienza", quattro bambini _ quando si formò il Partito popolare fu invitato più volte a farne parte ma, pur apprezzando le motivazioni di Martinazzoli, scelse di non iscriversi.

Perché non è entrato nel Ppi?
Ricordo che mio padre mi mostrò una rivista della Dc, fatta per i trent'anni della Resistenza. Il titolo era: "Né preti, né ricchi, né conservatori". Si sentiva, in quel titolo, lo spirito originario dei cattolici democratici, che si distinguevano dai cattolici conservatori o clericofascisti. L'equivoco del partito dei cattolici è nato poi, con la divisione del mondo in blocchi.

E dopo la dissoluzione della Dc?
C'erano delle buoni ragioni per tentare l'operazione del Ppi, anche se io, che non sono mai stato iscritto alla Dc, non avevo motivo di iscrivermi al Ppi. Prima di tutto c'era il desiderio di salvare l'onore, di dimostrare che non tutti erano ladri e, d'altra parte, è stato importante garantire una transizione pacifica. Martinazzoli non ha mosso un dito per salvare dai processi gli accusati di corruzione. Ma il progetto è fallito nella sua parte positiva. Forse non poteva funzionare, anche perché con la legge elettorale maggioritaria non ha molto senso presentarsi da soli.

Le buone ragioni si esauriscono nell'idea di salvare l'onore?
C'era l'idea, non del tutto sbagliata per il successo di una operazione di centro-sinistra, di arrivare uniti, nel massimo numero di persone possibili a un approdo di centro-sinistra, di non ripetere quella fuga alla spicciolata che tanti cattolici hanno fatto in varie epoche, senza riuscire a trascinare con sé nemmeno un pezzetto del corpo elettorale di riferimento. Io me la immagino così: sul piano ideale vi sono alcuni temi in cui i cattolici sono minoranza sociale (il tema dell'aborto, della famiglia, dell'eutanasia) e sui quali non c'è identità di vedute né con la sinistra né con la destra (dove si colloca Pannella). Non sono temi qualificanti, secondo me, per l'impegno politico di un cattolico democratico, ma sono temi a cui i cattolici tengono. Sul piano sociale e politico vi è l'esperienza del movimento cooperativo, dell'economia mista, della combinazione di pubblico e privato, una certa valorizzazione della democrazia dei corpi intermedi. Ecco, varie caratteristiche che non sono in totale identità con altri soggetti politici e che forse meritavano di essere mantenute e portate dalla parte migliore di questa tradizione in un nuovo soggetto politico progressista. Secondo me faceva parte di questo ragionamento anche la convinzione che i progressisti avrebbero vinto le elezioni e ci si poteva permettere il lusso di restare per un certo tempo da parte. Dopo cinquant'anni di potere un po' di opposizione era sentita come una pausa necessaria e democraticamente giusta. Era sentita come tale dalle persone perbene per le quali la politica è anche ideali da coltivare e da far rinascere. Non è facile mantenere il potere e salvarsi l'anima. Così, immagino, il ragionamento è stato un po' questo: governino coloro che sono stati esclusi per molte ragioni, alcune giuste altre pretestuose, soprattutto negli ultimi tempi. Ma questo si poteva fare in una ipotesi vincente e non drammatica. Invece il risultato elettorale è stato imprevisto e drammatico.

E in tutto questo come hai visto l'elezione di Buttiglione a segretario?
Buttiglione, come scuola associativa, ha alle spalle l'esperienza di Comunione e liberazione (che, non dimentichiamolo, ha scelto negli anni 80 Andreotti e Sbardella), come scuola filosofica ha quella di Augusto Del Noce. Tutt'e due orientate a destra. Io non ho mai dubitato che lui volesse andare con Berlusconi e Fini. Una volta eletto Buttiglione segretario, secondo me, del progetto dei cattolici democratici, dell'ispirazione che proviene da Moro e Zaccagnini, da Ruffilli e da tanti altri, non poteva rimanere nulla. Buttiglione rappresenta una cosa radicalmente diversa, che non nasce da una ispirazione cristiana alla politica, vissuta però da laici, ma da una visione piuttosto clericale. E poi non nasce da una collocazione dalla parte del progresso e della gente che sta peggio ma, invece, da una specie di geometria del centro che ormai è fuori tempo massimo. Insomma, se con Martinazzoli avevo dei dubbi, con Buttiglione per me si è chiuso il discorso.

Infatti parla al passato del Ppi...
Oramai vi sono diverse formazioni che si ispirano in vario modo all'esperienza della Dc. I Cristiano sociali con i progressisti, il Ccd con Berlusconi. Il Ppi è un partito che già, orientato nel senso di Martinazzoli, era piccolo. Se poi viene portato, contro natura, a scegliere Berlusconi, non ne rimane più niente.

Anche nell'ipotesi remotissima che gli riesca di staccare Forza Italia da An?
È un'altra delle cose per cui io non ho mai digerito Buttiglione. Quest'idea secondo cui Berlusconi è di centro e An di destra. Secondo me Forza Italia è un altro tipo di destra che considero pericolosa per la democrazia, per l'economia, per i mezzi di informazione, quanto quella di Fini. Forse di più, perché ha consentito la continuità di tutto quel mondo di sottogoverno, di servizi, un mondo sotterraneo che io speravo, dopo la caduta del muro di Berlino, si sarebbe riusciti a far venire alla luce, capendo chi lo foraggiava. Invece c'è stata la continuità dei vice di De Mita, Forlani, Andreotti, degli apparati governativi che non hanno sempre giocato in modo leale verso il paese. Uno che parte dal sillogismo che Berlusconi è di centro, abita un pianeta diverso dal mio.

Eppure la mia impressione è che i giochi, all'interno del Ppi, non si siano conclusi con il Consiglio nazionale. Se non altro per il palese contrasto fra l'ambiguità di quelle conclusioni e l'orientamento dell'elettorato. Cosa ne pensi?
Io posso dire per me stesso. Ho votato Partito popolare molto controvoglia perché Buttiglione era capolista della proporzionale a Roma. Lo stimo come uomo di cultura ma non è un mio rappresentante. Ho votato lo stesso perché la squadra per il Parlamento era, nel complesso, molto più corrispondente alle mie idee. Dopo due o tre mesi mi sono dovuto pentire e mi sono ripromesso di non fare più un simile errore. Credo che siano in molti gli elettori dei popolari che la pensano come me, visto che chi amava Berlusconi ha avuto l'opzione di voto per il Ccd, chi voleva scegliere i progressisti ha potuto votare per i Cristiano sociali. È rimasta una piccola pattuglia ma, se si cambia la linea di Martinazzoli, gli elettori mollano. E non capisco come mai i politici che sento più affini (Andreatta, Mattarella, Bindi) facciano queste tattichette da anni 60, incomprensibili alla gente normale. Posso sbagliare, per esempio io non mi aspettavo che sarebbe nata la candidatura di Prodi, né che D'Alema l'avrebbe sostenuta. ma, parliamoci chiaro, se alle regionali si fanno le liste con Berlusconi, questi nostri amici rimarranno soli nel Ppi.

Siamo arrivati finalmente alla candidatura Prodi. Cosa ne pensi?
È una bella candidatura. Non si può dire che sia nuovissimo ma questo significa che non tutto il vecchio era da buttare. È stato uno dei frutti buoni della stagione di Zaccagnini perché, da un lato è un grande esperto e, dall'altra è una persona che crede. Non è uno di questi atei in divisa da clericali, chi lavora nel mondo dell'associazionismo cattolico lo conosce, come conosce tanti altri membri della sua famiglia. Quindi a me piace anche per ragioni di parte, che non decidono certo di una candidatura, ma mi consentono di dire che è una persona per bene e preparata. Sono stati molto coraggiosi il Pds e D'Alema a dargli il loro sostegno perché direi che una persona più sbilanciata verso il centro di lui non si poteva trovare. Lo dico come una virtù, altri la possono considerare un difetto ma, sicuramente, anche dal punto di vista culturale e economico, si tratta di una persona di grande prudenza. E queste sono qualità giuste per un candidato che possa far vincere una coalizione di centro-sinistra.