commento breve alle letture della 13ª settimana del tempo ordinario

Martedí: Mt 8, 23-27

L’episodio, proposto con qualche variante dagli evangelisti Marco e Luca, si caratterizza per la ricchezza delle immagini e la semplicità della struttura narrativa, che ci hanno colpito fin da bambini. Rimane impresso il contrasto tra lo scatenarsi improvviso del volto maligno della natura, un turbinio di vento e una tempesta violenta che inondano la barca e atterriscono i presenti, e la quiete impassibile di Gesú che dorme tranquillo in un cantuccio; tra lo smarrimento e lo stupore dei discepoli, e la potenza della parola di Gesú, che zittisce i flutti minacciosi e riporta la calma. Chi è l’uomo che parla al mare e ai venti con la stessa efficacia con cui parlava il Creatore quando “la terra era informe e deserta, le tenebre ricoprivano l’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn. 1, 1)? Sentirsi sopraffatti da onde pericolose e avere l’impressione che Gesú non si accorga che la nostra barca fa acqua da tutte le parti è una condizione comune. Gesú ricorda ai discepoli che è sintomo di poca fede. Sulla sua scia Martin Luther King, pastore battista e coraggioso leader del movimento dei diritti civili, esortava i suoi (La forza di amare, Borla 1968) con un antico proverbio dei neri americani: “La Paura bussò alla porta. La Fede andò ad aprire. Non c’era nessuno.” Però, una volta chiarito questo punto, Gesú non delude i suoi; viene invece incontro alla loro preghiera; sgrida i venti e il mare e calma la tempesta. Se la paura viene, se non riconosciamo nulla di buono negli eventi che si abbattono su di noi, se ci sembra (erroneamente) che Gesú sia indifferente al nostro destino, è comunque una buona idea rivolgersi a lui. Anche se i nostri SOS sono segno di una fede non piena e matura, Gesú non si tira indietro: ci ascolta e ci soccorre.

[Silvia Fasciolo e Giovanni Bachelet]