Cari amici del MEIC, vi ringrazio
dell’invito a questo convegno su cattolicesimo italiano e riforme
costituzionali,
importante e tempestivo, che cade a meno di due mesi dal referendum
confermativo del 25 e 26 giugno e ad esso si riferisce esplicitamente,
come
spiega il vostro Presidente nell’ultimo numero di Coscienza.
E’ bella anche la copertina, che ritrae Carlo
Moro con don Vivaldo: due volti che associo a ricordi di vacanze e
pranzi
familiari di tempi antichi e felici. E’ bella anche la scelta di
ospitare una
sua ampia e profonda riflessione, quasi un testamento, intitolato “il
futuro è
nelle nostre mani”, che ben accompagna e inquadra i contributi di ieri
e oggi:
un mondo che cambia, principi e ideali che non tramontano, nuovi sforzi
d’interpretazione e sintesi.
Pensando ad oggi non ho potuto fare a meno
di ricordare l’ultima volta che ho visto Carlo Moro alla Domus Mariae.
Era lo
scorso autunno, un mese prima della sua morte. A mia madre, che con
altri amici
incontrava periodicamente per la lettura e il commento della Bibbia,
Carlo ha
poi detto di aver apprezzato una mia domanda un po’ birichina, nel
corso del
dibattito di quel giorno: una domanda che verteva proprio sulla
posizione
dell’Azione Cattolica rispetto al probabile referendum costituzionale.
Ricordando quel giorno, ho salutato con gioia la presenza di Renato Balduzzi lo scorso 23 novembre nel gruppo di cittadini che hanno depositato in Cassazione il quesito referendario, e ho letto con gioia, sempre nell’ultimo numero di Coscienza, che questo convegno è promosso in sintonia con la presidenza dell’Azione Cattolica.
Non avendo competenze in Diritto Costituzionale,
posso solo portare un saluto del comitato “Salviamo la Costituzione” per
il NO al referendum confermativo, di
cui sono parte; e, insieme a questo saluto, un grazie e un augurio
personale.
Un anno fa mi sono impegnato nella
fondazione di questo comitato, promosso da Libertà e Giustizia (di cui
sono
Garante), da ASTRID e dai Comitati Dossetti, nella convinzione,
confortata
dalla presenza del Presidente Scalfaro, che per noi cattolici i
principi di
libertà e giustizia, di solidarietà e partecipazione democratica della
nostra
Costituzione, fossero sacri quanto la vita.
Nel 1955 Calamandrei concludeva un famoso
discorso agli studenti milanesi dicendo:
Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta…se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.
Cinquant’anni dopo a quei centomila morti
se ne sono aggiunti centinaia, forse migliaia –giudici, poliziotti,
carabinieri, militari, ma anche giornalisti, sindacalisti, dirigenti
industriali, politici, studiosi, preti– caduti in nome di quella stessa
Costituzione sotto i colpi del terrorismo, della mafia, della
criminalità
economica, dei poteri occulti, o, altre volte, facendo il loro
ordinario
servizio della collettività.
Da questa folla emergono oggi nella mia
memoria, e certo anche nella vostra, tre volti speciali, un po’ perché
noti
personalmente a molti di noi, un po’ perché, non solo nella morte ma in
tutta
la loro vita di maestri e di capi, hanno testimoniato, sviluppato e
promosso la
fedeltà ai principi della Costituzione.
So
che non si può indovinare quel che
direbbero i nostri morti –ah la terra, quanto è cattiva / non lascia
discorrere, poi…diceva una vecchia e struggente poesia di Pascoli.
Ma mi è difficile immaginare che Aldo
Moro, mio padre o Roberto Ruffilli sarebbero rimasti indifferenti o
neutrali di
fronte allo scempio attuale, di metodo e di merito, e di fronte
all’idea stessa
di discutere vasti ed eterogenei cambiamenti costituzionali in
condizioni di
equilibrio precario, per giunta con interlocutori che nell’ipotesi piú
ottimistica sono ai primi passi nell’adesione e interiorizzazione piena
dei
principi della nostra Costituzione, e in quella peggiore si trovano
tuttora ai
suoi antipodi.
Molte volte, in questi decenni, abbiamo
avuto la tentazione di pensare, come i discepoli di Emmaus, che chi li
ha
uccisi avesse vinto: che la morte di Moro, mio padre, Ruffilli, avesse
segnato
la fine di un’epoca, di un pensiero, di una speranza per il Paese e la
comunità
cristiana.
Oggi, invece, vi devo un grande grazie
perché, ascoltando tutti gli interventi, mi ardeva il cuore: mi
sembrava di
risentire, un po’, la loro voce; riuscivo di nuovo a credere che non
bisogna
temere chi uccide il corpo, ma non può uccidere l’anima. La stessa
sensazione
ho avuto qualche mese fa, quando i Giovani per la Costituzione di
Mattia Stella
hanno riempito di ragazzi tutti e duemila i posti dell’aula Magna della
Sapienza. Forse il vento cambia; forse il Signore non ci ha dimenticato
per
sempre!
Nel suo articolo-testamento, citando un
vescovo, Carlo Moro scriveva che delle parole renderemo conto di fronte
ai
tribunali della storia, ma dei silenzi renderemo conto davanti al
tribunale di
Dio. Penso che anche lui sarebbe fiero di voi.
Ora la battaglia si fa dura.
Sarà dura da combattere nell’opinione
pubblica, che nei mesi della raccolta firme abbiamo trovato spesso
totalmente
priva di informazioni –del resto, nel lungo periodo di approvazione a
colpi di
maggioranza, della riforma costituzionale hanno trattato una o due
puntate di
Porta a Porta, contro quindici o sedici dedicate al delitto di Cogne.
Sarà dura anche sul versante
politico-parlamentare, se sono vere le recenti voci secondo le quali si
tenterebbe di includere fra le materie negoziabili nella grande
trattativa per
il Quirinale anche il referendum costituzionale, chiesto non solo da
Regioni e
Parlamentari, ma anche da quasi un milione di cittadini.
Contro questa eventualità l’associazione
Libertà e Giustizia ha rivolto ieri un appello a Prodi e ai leader
della
maggioranza. Ma non è che l’inizio, perché i promotori di questa
inaccettabile
riforma costituzionale sanno di non avere l’appoggio popolare: faranno
di tutto
prima per evitare il referendum, e poi per drogarne la discussione
pubblica con
argomenti ad esso estranei.
La battaglia sarà dura e il mio augurio è
che la vostra iniziativa di oggi apra gli occhi e risvegli il cuore, su
un tema
cosí cruciale per la qualità della vita comune, a tanti altri
cristiani,
pastori, animatori, capi politici che piú o meno legittimamente si
richiamano
all’ispirazione cristiana. Che ponga tutti di fronte al grave compito
di
interrogarsi responsabilmente sulla sovranità popolare, sull’equilibrio
dei
poteri, sull’effettiva governabilità del nostro Paese. In altre parole,
sulla
salute della democrazia nei prossimi cinquanta o sessant’anni.
Sarà dura, ma, grazie al referendum, il
futuro è ancora nelle nostre mani.
[Giovanni Bachelet]