Il futuro è nelle nostre mani

intervento al convegno MEIC su Cattolicesimo italiano e riforme costituzionali

Istituto dell’Enciclopedia Treccani, sabato 6 maggio 2006

Cari amici del MEIC, vi ringrazio dell’invito a questo convegno su cattolicesimo italiano e riforme costituzionali, importante e tempestivo, che cade a meno di due mesi dal referendum confermativo del 25 e 26 giugno e ad esso si riferisce esplicitamente, come spiega il vostro Presidente nell’ultimo numero di Coscienza.

E’ bella anche la copertina, che ritrae Carlo Moro con don Vivaldo: due volti che associo a ricordi di vacanze e pranzi familiari di tempi antichi e felici. E’ bella anche la scelta di ospitare una sua ampia e profonda riflessione, quasi un testamento, intitolato “il futuro è nelle nostre mani”, che ben accompagna e inquadra i contributi di ieri e oggi: un mondo che cambia, principi e ideali che non tramontano, nuovi sforzi d’interpretazione e sintesi.

Pensando ad oggi non ho potuto fare a meno di ricordare l’ultima volta che ho visto Carlo Moro alla Domus Mariae. Era lo scorso autunno, un mese prima della sua morte. A mia madre, che con altri amici incontrava periodicamente per la lettura e il commento della Bibbia, Carlo ha poi detto di aver apprezzato una mia domanda un po’ birichina, nel corso del dibattito di quel giorno: una domanda che verteva proprio sulla posizione dell’Azione Cattolica rispetto al probabile referendum costituzionale.

Ricordando quel giorno, ho salutato con gioia la presenza di Renato Balduzzi lo scorso 23 novembre nel gruppo di cittadini che hanno depositato in Cassazione il quesito referendario, e ho letto con gioia, sempre nell’ultimo numero di Coscienza, che questo convegno è promosso in sintonia con la presidenza dell’Azione Cattolica.

Non avendo competenze in Diritto Costituzionale, posso solo portare un saluto del comitato “Salviamo la Costituzione” per il NO al referendum confermativo, di cui sono parte; e, insieme a questo saluto, un grazie e un augurio personale.

Un anno fa mi sono impegnato nella fondazione di questo comitato, promosso da Libertà e Giustizia (di cui sono Garante), da ASTRID e dai Comitati Dossetti, nella convinzione, confortata dalla presenza del Presidente Scalfaro, che per noi cattolici i principi di libertà e giustizia, di solidarietà e partecipazione democratica della nostra Costituzione, fossero sacri quanto la vita.

Nel 1955 Calamandrei concludeva un famoso discorso agli studenti milanesi dicendo:

Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta…se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.

Cinquant’anni dopo a quei centomila morti se ne sono aggiunti centinaia, forse migliaia –giudici, poliziotti, carabinieri, militari, ma anche giornalisti, sindacalisti, dirigenti industriali, politici, studiosi, preti– caduti in nome di quella stessa Costituzione sotto i colpi del terrorismo, della mafia, della criminalità economica, dei poteri occulti, o, altre volte, facendo il loro ordinario servizio della collettività.

Da questa folla emergono oggi nella mia memoria, e certo anche nella vostra, tre volti speciali, un po’ perché noti personalmente a molti di noi, un po’ perché, non solo nella morte ma in tutta la loro vita di maestri e di capi, hanno testimoniato, sviluppato e promosso la fedeltà ai principi della Costituzione.

So che non si può indovinare quel che direbbero i nostri morti –ah la terra, quanto è cattiva / non lascia discorrere, poi…diceva una vecchia e struggente poesia di Pascoli.

Ma mi è difficile immaginare che Aldo Moro, mio padre o Roberto Ruffilli sarebbero rimasti indifferenti o neutrali di fronte allo scempio attuale, di metodo e di merito, e di fronte all’idea stessa di discutere vasti ed eterogenei cambiamenti costituzionali in condizioni di equilibrio precario, per giunta con interlocutori che nell’ipotesi piú ottimistica sono ai primi passi nell’adesione e interiorizzazione piena dei principi della nostra Costituzione, e in quella peggiore si trovano tuttora ai suoi antipodi.

Molte volte, in questi decenni, abbiamo avuto la tentazione di pensare, come i discepoli di Emmaus, che chi li ha uccisi avesse vinto: che la morte di Moro, mio padre, Ruffilli, avesse segnato la fine di un’epoca, di un pensiero, di una speranza per il Paese e la comunità cristiana.

Oggi, invece, vi devo un grande grazie perché, ascoltando tutti gli interventi, mi ardeva il cuore: mi sembrava di risentire, un po’, la loro voce; riuscivo di nuovo a credere che non bisogna temere chi uccide il corpo, ma non può uccidere l’anima. La stessa sensazione ho avuto qualche mese fa, quando i Giovani per la Costituzione di Mattia Stella hanno riempito di ragazzi tutti e duemila i posti dell’aula Magna della Sapienza. Forse il vento cambia; forse il Signore non ci ha dimenticato per sempre!

Nel suo articolo-testamento, citando un vescovo, Carlo Moro scriveva che delle parole renderemo conto di fronte ai tribunali della storia, ma dei silenzi renderemo conto davanti al tribunale di Dio. Penso che anche lui sarebbe fiero di voi.

Ora la battaglia si fa dura.

Sarà dura da combattere nell’opinione pubblica, che nei mesi della raccolta firme abbiamo trovato spesso totalmente priva di informazioni –del resto, nel lungo periodo di approvazione a colpi di maggioranza, della riforma costituzionale hanno trattato una o due puntate di Porta a Porta, contro quindici o sedici dedicate al delitto di Cogne.

Sarà dura anche sul versante politico-parlamentare, se sono vere le recenti voci secondo le quali si tenterebbe di includere fra le materie negoziabili nella grande trattativa per il Quirinale anche il referendum costituzionale, chiesto non solo da Regioni e Parlamentari, ma anche da quasi un milione di cittadini.

Contro questa eventualità l’associazione Libertà e Giustizia ha rivolto ieri un appello a Prodi e ai leader della maggioranza. Ma non è che l’inizio, perché i promotori di questa inaccettabile riforma costituzionale sanno di non avere l’appoggio popolare: faranno di tutto prima per evitare il referendum, e poi per drogarne la discussione pubblica con argomenti ad esso estranei.

La battaglia sarà dura e il mio augurio è che la vostra iniziativa di oggi apra gli occhi e risvegli il cuore, su un tema cosí cruciale per la qualità della vita comune, a tanti altri cristiani, pastori, animatori, capi politici che piú o meno legittimamente si richiamano all’ispirazione cristiana. Che ponga tutti di fronte al grave compito di interrogarsi responsabilmente sulla sovranità popolare, sull’equilibrio dei poteri, sull’effettiva governabilità del nostro Paese. In altre parole, sulla salute della democrazia nei prossimi cinquanta o sessant’anni.

Sarà dura, ma, grazie al referendum, il futuro è ancora nelle nostre mani.

[Giovanni Bachelet]