Intervento all’inaugurazione della mostra MEIC
Giovanni Bachelet, Facoltà di Scienze Politiche, Università La Sapienza, 12/11/2005

Saluto tutte le autorità, veramente troppo numerose per essere elencate. Riservo un saluto personale solo al Preside, professor Lanchester, che quest'anno ha ospitato non solo quest'iniziativa, ma molte altre in ricordo di mio padre; alla professoressa Saulle, che vedo qui davanti a me, appena nominata giudice della Corte Costituzionale; e alla bambina piccola in fondo all’aula che ha appena pianto: dimostra che, contrariamente al titolo un po’ funerario di questo convegno (Parlarsi per non morire!) la vita continua.

Sí, come diceva bene Maria Mariotti, titolo e immagine sull’invito sembrano un po’ da giudizio universale. Sulla stessa lunghezza d’onda era il titolo di un email che mi è arrivato proprio stamattina da un caro amico del MEIC di Cagliari: se non ora, quando? Mi segnalava che quattro presbiteri, su Micromega, hanno da poco aperto un dibattito pubblico e molto tagliente su chiesa e società, e domandava se non sia questo il momento, anche per noi laici, di alzare la voce pubblicamente. Cosa gli risponderò? Cosa gli risponderebbe papà?

Penso che gli dirò cosí: strillare no. Parlare sí. Parlare con calma ogni volta che si può, a chi ci può e ci vuole ascoltare. E continuare a star buoni. A credere, obbedire e sorridere. Non strillare, ma nemmeno, naturalmente, piegare la schiena, alla ricerca, magari, di una nicchia accogliente in tempi difficili. Continuare, invece, nell’attività di sempre, che a mio avviso rimane la piú difficile e incisiva: studiare e pensare.

Non solo perché, come dice un’antica canzone tedesca (nata, sembra, ai tempi della rivolta contadina repressa nel sangue col beneplacito sia dei cattolici che di Lutero) Die Gedanken sind frei, wer kann sie erraten? Non solo perché i pensieri sono liberi e al riparo dalle schioppettate. Ma soprattutto perché noi serviamo il mondo non conformandoci alla sua mentalità, ma amandolo e studiandolo per trasformarlo, diceva il testamento di Paolo VI. Studiando e pensando cresce la nostra conoscenza e la nostra competenza. Cioè la nostra capacità di trasformare il mondo e renderlo piú umano insieme a tutti gli uomini di buona volontà, come ci chiede il Concilio con la Gaudium et Spes. E col sorriso e l’ubbidienza cresce poi la nostra santità. Conoscenza, competenza e santità sono le tre virtù che caratterizzano l’impegno politico del cristiano, diceva Giovanni XXIII nella Pacem in Terris.

Quest’impegno di studio e di pensiero ci consentirà di essere pronti, quando il vento cambierà, a prendere il timone, nel Paese e nella comunità cristiana, come hanno fatto altri laureati cattolici, altri intellettuali cristiani, dopo la guerra e dopo il Concilio.