Saluto tutte le autorità, veramente troppo
numerose per essere elencate. Riservo un saluto personale solo al
Preside, professor Lanchester, che quest'anno ha ospitato non solo
quest'iniziativa, ma molte altre in ricordo di mio padre; alla
professoressa Saulle, che vedo qui davanti a me, appena nominata
giudice della
Corte Costituzionale; e alla bambina piccola in fondo all’aula che ha
appena
pianto: dimostra che, contrariamente al titolo un po’ funerario di
questo
convegno (Parlarsi per non morire!)
la vita continua.
Sí, come diceva bene Maria Mariotti,
titolo e immagine sull’invito sembrano un po’ da giudizio universale.
Sulla
stessa lunghezza d’onda era il titolo di un email che mi è arrivato
proprio
stamattina da un caro amico del MEIC di Cagliari: se non ora, quando?
Mi
segnalava che quattro presbiteri, su Micromega, hanno da poco aperto un
dibattito pubblico e molto tagliente su chiesa e società, e domandava
se non
sia questo il momento, anche per noi laici, di alzare la voce
pubblicamente.
Cosa gli risponderò? Cosa gli risponderebbe papà?
Penso che gli dirò cosí: strillare no. Parlare sí. Parlare con calma ogni volta che si può, a chi ci può e ci vuole ascoltare. E continuare a star buoni. A credere, obbedire e sorridere. Non strillare, ma nemmeno, naturalmente, piegare la schiena, alla ricerca, magari, di una nicchia accogliente in tempi difficili. Continuare, invece, nell’attività di sempre, che a mio avviso rimane la piú difficile e incisiva: studiare e pensare.
Non solo perché, come dice un’antica
canzone tedesca (nata, sembra, ai tempi della rivolta contadina
repressa nel
sangue col beneplacito sia dei cattolici che di Lutero) Die
Gedanken sind
frei, wer kann sie erraten? Non
solo perché i pensieri sono liberi e al riparo dalle schioppettate. Ma
soprattutto perché noi serviamo il mondo non conformandoci alla sua
mentalità,
ma amandolo e studiandolo per trasformarlo, diceva il testamento di
Paolo VI.
Studiando e pensando cresce la nostra conoscenza e la nostra
competenza. Cioè
la nostra capacità di trasformare il mondo e renderlo piú umano insieme
a tutti
gli uomini di buona volontà, come ci chiede il Concilio con la Gaudium et Spes.
E col sorriso e l’ubbidienza cresce poi la nostra santità. Conoscenza,
competenza e santità sono
le tre virtù che caratterizzano l’impegno politico del cristiano,
diceva Giovanni
XXIII nella Pacem in Terris.
Quest’impegno di studio e di pensiero ci
consentirà di essere pronti, quando il vento cambierà, a prendere il
timone,
nel Paese e nella comunità cristiana, come hanno fatto altri laureati
cattolici, altri intellettuali cristiani, dopo la guerra e dopo il
Concilio.