Note sull'assemblea di Midrand

Nous avons vu le pas de notre Dieu
croiser le pas des hommes
Nous avons vu renaître au fond des yeux
l'espérance déjà morte.

Questa canzone, appresa fra le tende di un campeggio scout da Riccardo Fontana (oggi Vescovo) tanti anni fa, mi è tornata in mente lo scorso ottobre, in Sudafrica. Dopo un settembre che aveva messo a dura prova le speranze ecumeniche dei miei verdi anni, potevo di nuovo cantare, pregare e sperare insieme a circa 300 cristiani di diversa tradizione, lingua, razza e nazionalità (e al nostro segretario generale Valdo Bertalot). L'Assemblea raccoglieva 140 Società Bibliche di tutto il mondo, con due rappresentanti per ciascuna (il Segretario Generale e un membro del consiglio d'amministrazione, di solito il Presidente). Devo ringraziare il nostro Presidente Paolo Ricca, che, insieme all'onore di sostituirlo nella rappresentanza della nostra Società Biblica, mi ha offerto questa grande opportunità non solo turistica, ma anche e soprattutto morale e spirituale.

Eravamo in un bel centro conferenze a Midrand, a metà strada fra Johannesburg e Pretoria, a 1800 metri di altezza (su un enorme altopiano). Uno stile totalmente ecumenico e un'efficace traduzione simultanea in quattro lingue facevano sentire a casa propria i cristiani di ogni provenienza e tradizione, ma l'antica origine nordico-calvinista (e non cattolico-mediterranea) era tradita dalla struttura della giornata tipo: infatti, oltre ad essere escluso ogni spazio per la siesta, l'alternarsi dei momenti assembleari (canto e meditazione biblica oppure business sessions e votazioni) e di gruppo (preghiera condivisione e discussione sui temi della giornata) era tale da riempire ben dodici ore, dalle 8:30 del mattino alle 20:30. I pasti e i coffe breaks erano spasmodicamente attesi anche dai piú solerti e pii come unico momento di tregua.

Gli stessi breaks potevano però diventare occasione di preghiera o lavoro: alle 12:30, ad esempio, il sottogruppo dei cattolici si riuniva in una saletta per la celebrazione dell'Eucaristia sotto la presidenza di Mons. Bududira, vescovo di Bururi (Burundi), concelebranti Mons. Tricard (Rettore dell'Università Cattolica di Lione) e Mons. Essomba, Abate della Cattedrale di Yahoundé (Camerun). Non mancava il nostro Segretario Generale Valdo, e partecipavano spesso anche fratelli e sorelle di altre chiese; fatto, quest'ultimo, scoperto solo verso la fine della settimana, visto che il badge non specificava la chiesa, ma solo il nome, il cognome e la Società Biblica di appartenenza.

L'Assemblea, distribuita su sei giorni, aveva come scopo principale l'approvazione di alcune modifiche statutarie. Il fatto a prima vista non è avvincente ma la loro importanza è stata ben chiarita dai lavori. Si trattava di ritocchi non secondari alla missione e alla struttura di governo delle Società Bibliche. Uno di essi riguardava l'aggiunta dell'aggettivo "significativa" (meaningful) ad una fondamentale e sempre valida finalità: la distribuzione delle Scritture. Quest'emendamento ufficializzava la tendenza, già esistente in diverse Società Bibliche (specie nei Paesi sviluppati con piú antica diffusione delle Scritture), ad accompagnare allo sforzo quantitativo (numero di Bibbie distribuite) uno sforzo qualitativo, di stimolo all'uso: sussidi, prodotti, iniziative e campagne capaci d'incoraggiare la "interazione con la Parola di Dio".

Un altro emendamento, invece, riprendeva e rendeva per cosí dire obbligatorio un elemento importante e già comune, nella prassi, alla maggioranza delle Società Bibliche: la disponibilità a collaborare, nel servizio della Parola, con "tutte le chiese e gli organismi cristiani". Altri emendamenti riguardavano, infine, la ristrutturazione della rappresentanza, problema tecnico ma cruciale per la vita e l'efficacia di un organismo grande e complesso come l'associazione di tutte le Società Bibliche del mondo. Tutti gli emendamenti, istruiti da un lungo lavoro preparatorio prima e durante l'Assemblea, sono stati approvati a larghissima maggioranza; qualche raro voto contrario ha testimoniato che i provvedimenti da prendere non erano banali e che la procedura, nei limiti imposti da un cosí grande consesso, era democratica.

Come già accennato, non tutti i lavori erano plenari; una buona parte si svolgeva a gruppi, consentendo, oltre alla preghiera e ad un benefico scambio di idee ed esperienze, anche la formazione di opinioni e pareri da riportare in Assemblea. In quest'ambito ricordo in modo particolare la raccolta di fondi via internet, punto sul quale ho segnalato, nel dibattito, l' opportunità di sinergie fra diverse Società Bibliche, e una discussione sui cosiddetti programmi globali, di cui un esempio, illustrato in una presentazione plenaria, veniva dal Perú (patria del vicepresidente mondiale, Dr. Escobar).

Si trattava di una campagna di assistenza alimentare accompagnata dalla distribuzione della Bibbia, ed ha suscitato in me sentimenti contrastanti: se è vero che l'aiuto ai piú deboli è fin dall'origine costitutivo dell'impegno cristiano ("ho avuto fame e mi avete dato da mangiare", Mt. 25,35), è anche vero che esperienze missionarie antiche e recenti evidenziano il rischio di un involontario, ma non per questo meno grave "ricatto morale". In altre parole, ho riflettuto pensando ad una delle modifiche statutarie, il passaggio dalla "distribuzione" alla "distribuzione significativa" delle Scritture non è l'aggiunta di un aggettivo, ma implica un'accresciuta sensibilità e capacità di discernimento.

Quanto a "distribuzione significativa" e "collaborazione con tutte le chiese", anche l'esperienza della mostra biblica di Roma ha meritato, nella valutazione del Board mondiale, di essere presentata da Valdo Bertalot all'assemblea plenaria, dove ha riscosso notevole attenzione e interesse. In questo contesto è emerso un importante ruolo internazionale della nostra Società Biblica in Italia, che prima dell'Assemblea non avevo apprezzato pienamente. La realizzazione di eventi biblici di alto profilo culturale, capaci di coinvolgere ad alto livello tutte le chiese, non ha valore solo per il nostro Paese, ma serve anche nel resto del mondo, come incoraggiamento e "volano" per la collaborazione fra la chiesa cattolica (che in molti Paesi ha aderito alle Società Bibliche piú tardi che da noi) e le altre chiese cristiane. In altre parole, con il video della nostra mostra, disponibile per i rappresentanti di tutte le Società Bibliche a Midrand, sarebbe stato possibile anche all'estero scaldare il cuore ai tiepidi, ai perplessi e ai sospettosi di tutte le chiese, mostrando che "perfino nella città del Papa" si lavora già molto bene, insieme, al servizio della Parola.

La parte "ufficiale" di questo grande evento - i lavori dell'Assemblea - era, come si è detto, intensissima, ma un'altra parte importante (forse la piú importante, ma la meno facile da sintetizzare) è stata l'incontro personale con esistenze ed esperienze cristiane di tutto il mondo. Come riportare a parole la luce del sorriso di Oswald Hoffman, vescovo luterano molto anziano, fra i fondatori dell'Associazione Mondiale, quando gli chiedevo di raccontarmi a tavola i primi giorni del Concilio Vaticano II, di cui era stato osservatore? E la bontà di Gunnleik Sejerstad, fisico nucleare luterano, capace di leggere la Dominus Jesus con attenzione e rispetto maggiori di molti amici cattolici? Questi e simili incontri, meglio di una presentazione multimediale, davano la gioia di riscoprirsi seguaci dello stesso Signore, certi della festa senza fine dove tutti ci ritroveremo, felici del piccolo assaggio di Paradiso goduto in quei giorni straordinari.

Stupendo è stato anche il discorso finale di Desmond Tutu, l'arcivescovo anglicano, premio Nobel, eroe della svolta democratica sudafricana. Nonostante questa svolta, a noi italiani la condizione dei neri in quel paese è parsa ancora molto dura, e la storia di Soweto e dell'apartheid , invenzioni recenti (1948!) e mostruose di bianchi cristiani come noi, quasi incredibile. All'Assemblea, nonostante queste pesanti e ben visibili ingiustizie e disparità in cui ci s'imbatteva appena fuori del centro conferenze, i fratelli africani lavoravano e cantavano Alleluia con noi, col grande capo Fergus MacDonad (intervenuto il primo giorno in costume scozzese), con lo staff mondiale, con Ricardo Grzona, animatore giovanile cattolico dell'America Latina, con i pastori ed esperti biblici Sanchez e Bonnet (autori di magnifiche meditazioni bibliche plenarie). I molti Africani presenti in Assemblea, pur consci dei loro diritti a lungo rubati, non erano insomma arrabbiati con noi europei. Non solo: essi avevano anche l'aria di essere piú allegri, piú fiduciosi nel Signore, piú assetati della sua parola, meno stanchi di noi. E pian piano questo dono di Dio si è trasmesso anche a noi, che siamo usciti dall'Assemblea piú forti nella fede di quando eravamo arrivati.

L'ultimo giorno, dopo il culto alla chiesa di Pretoria (dove ho risentito qualche buon vecchio inno dell'Innario Cristiano dopo una settimana di musica sacra moderna, per lo piú africana), abbiamo lasciato, andando verso l'aeroporto, una città tutta fiorita di viola per i suoi settantamila alberi di Accarandà (pianta che non avevo mai visto): sotto l'equatore, infatti, le stagioni sono rovesciate rispetto alle nostre. La natura e l'incontro appena concluso suggerivano cosí un unico pensiero: anche se da noi è autunno, da qualche altra parte del mondo è primavera. Portiamo a casa nostra un raggio di questo sole, aspettando con fede, speranza e amore che la buona stagione ritorni anche da noi.

Giovanni Bachelet