Perchè amare la politica e le dure sfide dell’attualità

la Provincia pavese, 18-01-2008

 

Gennaio 2007. Dopo cena (un’ottima cena), seduti in cerchio in una bella saletta del Ghislieri. Devo animare una “serata al caminetto” della prima scuola di formazione politica di Libertà e Giustizia su etica, valori, identità, laicità. Non è difficile far partire la discussione: si parla subito animatamente, con molte domande e interventi di giovani amministratrici e amministratori, ricercatrici e ricercatori, cittadine e cittadini attivi. Gente venuta da strade abbastanza diverse, accomunata dalla fede nella democrazia, nella ragione, nel dibattito aperto e pubblico come strumento per la ricerca di soluzioni condivise ai tanti problemi vecchi e nuovi del proprio Paese; dalla speranza di contribuire almeno un po’ a un Paese migliore, un po’ piú civile, un po’ piú europeo, piú libero, piú giusto. Prima di cena ci hanno augurato buon lavoro le piú alte autorità accademiche; qualcuno di loro c’è anche adesso. Mi sembra un sogno che l’università stessa abbia deciso di partecipare a questo progetto. C’è anche il mio amico Roberto Dionigi e altri che non vedevo da tempo. Arriva e si siede fra gli altri ad ascoltare un signore sorridente vestito da prete, che quando ci salutiamo alla fine, incredibile, ci dice di essere il vescovo di Pavia. Giovanni Ferrara sorride soddisfatto in un angolo e mi aiuta anche lui con una domanda. Dopo l’incontro chiacchiero con Michele Salvati e il giorno dopo, per le vie di Pavia, scopro anche il negozio dove mio padre, quando insegnava qui ed io ero bambino, comprava per me la torta Paradiso.

Dal gennaio 2007 sembra passato un secolo non solo perché Giovanni Ferrara è morto e noi che non ci rassegniamo alla sua assenza gli abbiamo intitolato la scuola di formazione politica. Non solo perché nel frattempo, nonostante i costi non simbolici di partecipazione e il numero chiuso, la scuola ha avuto un successo tale da diventare nazionale, producendo per gemmazione altre due scuole a Siena e Modena, coordinate anch’esse dal professor Veca. Sembra un secolo anche perché l’anno scorso c’erano i DS e la Margherita e quest’anno non ci sono piú; ci sono state le mitiche primarie e la nascita del Partito Democratico, che non pochi fra allievi e docenti dell’anno scorso attendevano messianicamente da almeno una dozzina d’anni. E ci sono stati successi finanziari e insuccessi mediatici del Governo, discussioni (tuttora in corso) di natura costituente su valori, programmi, statuto e codice etico del neonato partito, ma anche mucchi di immondizia, metaforica e reale, sulla difficile strada del nostro amato centrosinistra; che stenta ancora, malgrado tutto, a riallacciarsi efficacemente alla società che dovrebbe interpretare e rappresentare e magari anche un po’ entusiasmare.

Forse per questo la scelta di Libertà e Giustizia, continuare a puntare sulla formazione politica, ha trovato un riscontro e un’accoglienza entusiastica. Certo la qualità dei relatori è notevole: Bassanini, Zagrebelsky, Grevi, Caselli; Linda Lanzillotta, Fassino, Monica Frassoni; Sassoli, Lerner e Travaglio, per citarne solo alcuni. Ma conta anche la fame di una base comune per il pensiero democratico: una base scientifica e culturale, ma anche morale; una base preziosa per i possibili progessi teorici, ma anche per la nuova rete di amicizia naturalmente generata dallo studio comune. Molti sentono l’urgenza di un nuovo sviluppo del pensiero democratico di fronte a novità biotecnologiche e poderose trasformazioni sociali e geopolitiche, a potenzialità enormi di bene e di male che pongono inedite questioni etiche, politiche, economiche. Questioni che, se non fossimo distratti da sterili diatribe fra guelfi e ghibellini, ammetteremmo tutti, umilmente, di non saper ancora risolvere; e, per farlo, di aver bisogno vitale del confronto con gli altri, con chiunque ami la libertà e la giustizia con “cuore tenero e mente robusta”, come diceva Martin Luther King.

Nell’affrontare le sfide del pensiero, la formazione contribuisce anche allo sviluppo di una pattuglia di giovani che amano la politica e ne capiscono qualcosa. Forse è sperare troppo, ma chissà? se nel frattempo il partito democratico, e piú in generale la politica italiana, riuscirà nello sforzo di rinnovarsi e attrarre di nuovo al proprio interno un po’ di...gente normale, queste scuole potranno contribuire, oltre che allo sviluppo e alla diffusione di qualche nuova idea, anche a ricucire qualcuno degli strappi fra politica e società: a regalarci qualche nuova faccia, pulita, che domani ci rappresenti e magari ci entusiasmi un po’.

Giovanni Bachelet
Garante di Libertà e Giustizia