Prefazione al libro "Con Dio e con i guerriglieri islamici. Diario di un rapimento",
di Beppe Pierantoni (Edizioni Dehoniane Bologna 2003)

Prepara, o Signore, il tuo popolo ad essere forte e fedele per un misterioso domani.
(Giovanni XXIII)

Fra giganteschi alberi di mangrovia e farfalle multicolori, un'iguana catturata per pranzo e un mitra spianato, elicotteri che ronzano al di sopra della grande foresta e lucertole alate, si svolge, in queste pagine, un'avventura a metà fra Salgari e Graham Greene. Il prete cattolico in mano ad un gruppo di guerriglieri islamici, trascinato per sei mesi nella giungla filippina, non è, tuttavia, frutto della fantasia di un grande romanziere: è invece l'autore stesso, che, passando continuamente da una ricchissima dimensione interiore all'imprevedibile susseguirsi di eventi esteriori, tiene il lettore col fiato sospeso fino all'ultima pagina del racconto.

In poche pagine il libro apre un'infinità di finestre. La vita eroica di un manipolo di missionari, che si rompono le ossa girando in motoretta nei letti dei torrenti, ci regala la prima sorpresa. Perfino per loro l'insidia piú grave non è la vita povera o il rischio quotidiano, ma il tarlo che corrode a tutte le latitudini famiglie e comunità religiose: la routine che prevale sulla freschezza, i rapporti tesi e insoddisfacenti, la fine del dialogo, la morte nel cuore. Ci affacciamo poi per un attimo sulla povertà e l'ordinaria violenza di cui sono prigionieri centinaia di milioni di uomini invisibili ai nostri media (ma familiari per l'autore, che ci ha convissuto dieci anni), e subito piombiamo nel tunnel del rapimento.

Aspetti ora commoventi, ora inquietanti del mondo islamico in generale, e dei carcerieri in particolare, si alternano a rivolte interiori e tremendi dilemmi cristiani: come reagire al male senza opporsi al malvagio? come amarlo senza incoraggiarlo a perseverare? Nei momenti di sconforto sfuggono perfino domande non proprio politically correct : come mai i Cinesi arrivano nelle Filippine poveri e diventano rapidamente ricchi mentre i Filippini restano poveri e continuano a sbronzarsi? Non saranno le "zucche vuote" la vera causa della povertà? Come uscirne?

Su queste e molte altre questioni - il rapporto fra storia, ideologie e teologie, o gli oscuri traffici di armi fra eserciti regolari e guerriglieri - il cammino nella foresta lancia improvvisi e brevi sprazzi di luce, come una torcia elettrica che per un attimo buca l'oscurità della giungla. Questi flash sono sufficienti a persuadere il lettore che "la vita è piú vasta di quanto molti possano immaginare" e a lasciargli l'insopprimibile esigenza di saperne di piú, di riflettere meglio, d'impegnarsi maggiormente per la giustizia, la libertà, il dialogo fra popoli e religioni ormai legati da un unico destino. Ma la loro luce mette a nudo anche la qualità dei rapporti personali con amici e nemici, il ruolo giocato nella piccola comunità di tutti i giorni e nel mondo, la presenza di Dio nella vita; insinuando, anche nel lettore, domande sempre piú serie sulla propria fede e sulla propria vocazione.

Infatti l'avventura nella foresta, che ad ogni svolta e ad ogni risveglio può riservare libertà o morte, non è solo un emozionante reportage, un eccezionale scoop su un drammatico evento di cronaca a lieto fine, veramente accaduto in un paese lontano. E' il cammino interiore di un uomo che, avendo da oltre vent'anni rinunciato ad una famiglia propria, e da dieci anche al proprio Paese, si vede all'improvviso strappare quel poco di libertà e sicurezza che gli restava: un gruppo di pazzi lo rapisce e lo tiene per mesi in un dominio pieno e incontrollato, nella simpatica prospettiva di poter essere ammazzato da un momento all'altro. Quest'evento, che all'inizio appare inutile e crudele, diventa, con l'aiuto di Dio e della sua parola (non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male col bene) un'occasione per ricapitolare tutta la vita alla luce del Vangelo, e perfino per provare a trasmetterlo ai piú lontani e disperati: agli stessi carcerieri, dei quali l'ostaggio, con una punta di umorismo, si scopre cappellano.

I mesi di prigionia che non finiscono mai appaiono ogni giorno di piú come il tassello mancante di un puzzle o di un prezioso mosaico, perfettamente inserito nella vita di un uomo innamorato e convinto della propria vocazione cristiana. Pian piano tutto diventa chiaro, tutto è compiuto. Si può morire domani senza rimpianti, dunque si è pienamente liberi. Come dice Rigoni Stern nella sua Ultima partita a carte (Einaudi 2002): "Capii che gli uomini liberi non erano quelli che ci custodivano, tanto meno quelli che combattevano per la Germania di Hitler. Che noi lí rinchiusi eravamo uomini liberi." Si è, quindi, in condizioni ideali anche per un credibile annuncio, con la parola e con la vita, della Buona Novella di Gesú ai propri persecutori, sulle orme di Stefano a Gerusalemme, di Pietro e Paolo a Roma, di Bonhoeffer e padre Kolbe nei lager nazisti. Le speranze, le poesie e le preghiere appassionate che chiudono ogni capitolo (scritte dall'autore in ogni epoca, dalla gioventú agli anni della missione, come testimoniano le date), e, prima ancora, la parola di Dio e gli insegnamenti della mamma, non erano dunque illusioni, speranze romantiche, scemenze giovanili. Erano invece le armi della luce, misteriosamente affilate e messe in ordine perché fossero pronte al momento della prova.

Nella buona battaglia fatta d'incessante preghiera, paziente capacità di condivisione e ascolto, poche illusioni e molti dubbi, l'autore si accorge di non riuscire, nemmeno volendo, a mettere da parte il proprio ministero di prete; e si conferma, malgrado tutto, nella convinzione che "vale sempre la pena di esprimere all'altro i propri sentimenti". Così, a forza di dialogare e di sperare contra spem, ad uno dei rapitori (rozzo e semplice, pedina di un gioco al massacro piú grande di lui) sfugge addirittura l'osservazione che, se ci fossero dei veri cristiani a governare, o dei veri musulmani, forse loro non si troverebbero lí a combattere il governo. L'amore comincia a far breccia? Qualche seme del Vangelo germoglia? La piú grande vittoria (la trasformazione di un nemico in un amico, secondo Martin Luther King) è a portata di mano?

La liberazione a lungo sperata arriva improvvisa e indecifrabile quasi quanto il rapimento, chiudendo un periodo di paura e di grazia fra ambulanze e militari, microfoni e telecamere, governanti e ambasciatori. Qualche giorno dopo, a migliaia di chilometri, anch'io e i bambini di Cristo Re, parrocchia dehoniana di Roma, festeggiamo a Messa la notizia data da padre Angelo Arrighini, dopo tante preghiere e varie trepidazioni per precedenti falsi allarmi e liberazioni fasulle. Non molto tempo dopo abbiamo perfino la gioia di avere proprio lui, il Reduce, a presiedere la nostra Messa delle 10.

L'esperienza è indimenticabile anche per la disarmante semplicità con cui, nella predica (come in questo libro) atti di eroismo e santità appaiono come normale e quasi obbligatoria prosecuzione di quella che Emmanuel Mounier chiamava l'avventura cristiana: un'avventura personale e comunitaria nella quale routine quotidiana e momenti forti, famigliole di città e missionari di frontiera, vivi e morti si sostengono a vicenda. Un'avventura che si può e si deve vivere fino in fondo, con gioia, in qualsiasi condizione, perchè il mondo continua ad aver bisogno di preti, di famiglie cristiane, di uomini forti e fedeli a Dio.

[Giovanni Bachelet]