Cosa significa essere grandi per Gesú

commento alle letture della 29ª domenica del tempo ordinario, ciclo B
per "Servizio della Parola" (Queriniana), gennaio 2006

di Giovanni Bachelet

Letture


1ª lettura: Is. 53, 2.3. 10-11[2]


[2] E’ cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare I nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
[3] Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
[10] Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
[11] Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.


Salmo 32 (33), 4-5; 18-19; 20-22

[4] Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
[5] Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra.
[18] Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,
[19] per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
[20] L’anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
[21] In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.
[22] Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo.

2ª lettura: Eb. 4, 14-16

[14] Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesú, figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. [15] Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. [16] Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.

Vangelo: Mc 10, 35-45

[35] E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». [36] Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: [37] «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». [38] Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». [39] E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. [40] Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

[41] All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. [42] Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. [43] Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, [44] e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. [45] Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Commento


Per circa tre anni, a partire dalle tentazioni nel deserto –quando il diavolo gli mostra tutti i regni del mondo con la loro gloria– Gesú, predicando ma anche schivando diversi tentativi della folla di farlo re, ha manifestato ai suoi il regno e la gloria di Dio come infinita compassione verso chi vive nel male e nel peccato, come inesauribile capacità di ascolto, di perdono, di guarigione e attrazione verso il bene. Ha cercato di far capire che il regno e la gloria di Dio sono lo scopo della sua missione, ma non assomigliano ai regni e alla gloria di questo mondo. Ora manca poco al suo arresto e alla morte: nel Vangelo di Marco, subito prima del brano di oggi, Gesú, in viaggio verso Gerusalemme, ha appena spiegato ai Dodici il destino che lo attende. Ma Giacomo e Giovanni non hanno ancora capito che aria tira: chiedono di sedere alla sua destra e alla sua sinistra senza immaginare che fra poco, sul Calvario, saranno due ladroni ad avere questi ambiti posti d’onore, come Gesú lascia intuire parlando del battesimo e del calice che sta per bere.
Giacomo e Giovanni appaiono da un lato –come sottolineano gli altri discepoli– antipatici, perché cercano di tagliarli fuori accaparrandosi i futuri posti di comando; dall’altro poco intelligenti, perché quel tipo di comando non vale niente, come Gesú spiegherà subito dopo. Non di rado noi cristiani del duemila –singoli battezzati, famiglie, comunità, religiosi, pastori– pur conoscendo bene questo brano del Vangelo, ricadiamo nell’atteggiamento antipatico e poco intelligente di Giacomo e Giovanni. Siamo ancora tentati dai primi posti; nella chiesa e nella società tendiamo ancora a confondere autorità e potere, servizio degli altri e aumento della nostra influenza nella comunità, ubbidienza ed eccessi di zelo, fedeltà e rapporti coi superiori finalizzati a tagliar fuori qualcun altro, avvento del regno di Dio e tangibili, durature affermazioni terrene dei nostri uomini, della nostra linea politica o religiosa, della nostra cultura.

Del resto, a ciascuno di noi dev’essere sfuggita, almeno una volta, questa esclamazione: se avessi piú potere, quanto bene potrei fare! Gesú fa un po’ di bonaria ironia anche su questo. Rispetto al Vangelo di Marco letto oggi, nel racconto di Luca Gesú aggiunge infatti: I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Svelando l’ipocrisia dei potenti, mette in guardia, con un sorriso, anche noi: sotto il manto dei nostri nobili ideali e dei nostri progetti altruistici potrebbe essere nascosto il gusto diabolico del dominio degli altri.

Alla fine Gesú spiega chiaramente, in poche parole, in che cosa consiste la grandezza nel suo regno: mettersi al servizio degli altri e fare come lui, venuto non per essere servito ma per servire; per regnare, sí, ma dall’alto di una croce, dando la vita in riscatto per molti. La grandezza a cui Gesú chiama i suoi seguaci è il servizio degli altri fino al dono totale, fino ad addossarsi le loro colpe, fino a subire il disprezzo, il rifiuto, l’annientamento (che si tratti di oscuro stillicidio quotidiano o martirio non importa). Una grandezza drammatica e meravigliosa di cui egli stesso dà l’esempio, realizzando la profezia di Isaia della prima lettura.

Questo capovolgimento della comune idea di grandezza, che dopo duemila anni neppure noi cristiani abbiamo ancora digerito bene, per Gesú discende direttamente dalla missione avuta dal Padre. Solo la fede e l’abbandono totale nelle sue mani, la speranza nella sua grazia, la certezza che il Padre veglia su di lui e lo libererà dalla morte e dalla fame, proclamate nel Salmo di oggi, consentono a Gesú di rifiutare le facili scorciatoie proposte dal Maligno nel deserto: di offrire il suo Vangelo alla libera responsabilità degli uomini, anche a costo di affrontare la disfatta totale a Gerusalemme.

Ma dopo la prostrazione, il dolore e la morte, il Padre mantiene le sue promesse: Gesú risorge e, come ricorda la lettera agli Ebrei, attraversa i cieli riconciliando gli uomini col Padre. Se ci crediamo davvero (ma ci crediamo davvero?), quella strada nei cieli è adesso aperta per noi: possiamo seguire Gesú e puntare a quella che secondo lui è la vera grandezza, mettendoci con gioia al servizio degli altri. Forse ricadremo nella tentazione del potere, ma Gesú sa che siamo peccatori e compatisce le nostre infermità: non dobbiamo scoraggiarci. Non dobbiamo, però, neanche rassegnarci al fatto che nella nostra famiglia, nella nostra chiesa, nella nostra società, i rapporti siano basati sul potere e sul dominio anziché sull’amore e sul servizio del prossimo. Gesú ci ha mostrato, con la parola e con la vita, con la morte e la risurrezione, che un altro mondo è possibile.

[Giovanni Bachelet]